Era nell'aria, ma qualcuno evidentemente riteneva che non sarebbe mai arrivato il momento di CHIUDERE una scuola; l’espressione, nella sua crudezza, è al contempo letterale e, usando un termine linguisticamente ricercato, allegorico.

Non chiude soltanto una scuola per il numero, oggettivamente esiguo dei discenti, bensì viene troncata una già gracile economia di idee e di cultura. L’impoverimento e l’imbarbarimento oramai poco latente degli scolari, definiti asini a mezzo stampa nazionale, continueranno a degenerare in una forma di bestialità culturale, nella quale il ragazzo sarà esclusivamente l’oggetto di politiche scolastiche di comodo, di circostanze, ma, come purtroppo spesso avviene, prive di conclusioni finalizzate alla loro formazione. È vero ammettere che il rapporto numerico studenti-insegnanti non regge e quindi, per l’azienda scuola, non è un “investimento” sicuro, fruttuoso; chiedo, però, se la scuola non sia un diritto sacro di tutti, prescindendo da mere strumentalizzazioni politico-burocratico-economiche. Nella nostra regione vi sono stati, nei progetti dei cosiddetti corsi di formazione, corsi di scuola per la terza età e come per miracolo i finanziamenti sono arrivati, ma, ahimé, per la scuola dell’obbligo, impedendo lo spostamento o la delocalizzazione di una struttura scolastica, non si riescono a reperire fondi significativi…eppure vi è il petrolio, vi è l’acqua, ma mancano i soldi per la cultura!
Diciamocelo francamente dei nostri ragazzi non interessa nulla a nessuno; non vi si pone fiducia, futuro; sembra che appartengano ai posteri, a coloro che verranno dopo.
È lecita la considerazione che i ragazzi moderni ignorino tanto; che gli insegnanti, nonostante facciano del loro meglio, non sempre ottengano risultati sperati; che la scuola sia sempre sotto i riflettori mediatici esclusivamente per i quotidiani eventi di bullismo, di droga, etc. E’ altrettanto corretto, però, ammettere che la famiglia, la società in senso lato, troppo spesso demandano alla scuola le proprie responsabilità, i propri doveri sociali.
Ritornando all’aspetto allegorico, chiude una comunità dove la fascia della terza età costituisce la maggioranza, chiude e non è una banalità, non avendo motivi di esistere, il negoziante che vive di quaderni, di righelli, etc,. iniziano a chiudere le attività commerciali…e, sic stantibus rebus, al lettore le prevedibili conclusioni.

P.S. se i naviganti e i nostri amministratori - a tutti i livelli - riterranno che l’argomento meriti approfondimenti, mi impegnerò a trovare possibili soluzioni.

MARIO DI SARIO