All'indomani della decisione presa dal Vescovo, circa il trasferimento di Don Adelmo, Castronuovo non è rimasto indifferente, mobilitandosi con lettere - come questa - firmate ed indirizzate a Sua Eccellenza, che non hanno avuto mai risposte...

Eccellenza,
innanzitutto vorrei dirLe che non è mia abitudine scrivere alle autorità ecclesiastiche. Mi è stato insegnato il rispetto e l'obbedienza verso tali autorità e quindi per me è anche difficile trovare le parole giuste che non siano irriverenti.
Noi non ci conosciamo personalmente, ma io ho sentito parlare molto bene del Suo operato dalla gente di Castronuovo, che è il mio paese d'origine.
Vivo a Roma da molti anni, troppi ormai, per motivi di studio prima e per lavoro poi. Ho fatto, comunque, sempre parte della comunità cattolica del mio paese. Sono cresciuta in chiesa, nella parrocchia guidata da Don Sante. Ho voluto che mio figlio Francesco, che ora ha sei anni, fosse battezzato a Castronuovo per mantenere un legame sempre saldo con le mie radici. Poi, quando Don Sante se n'è andato, è arrivato Don adelmo ed ho pensato e creduto che fosse un dono di Dio. Don Sante è stato un buon parroco, a modo suo, ma per l'età ed i tempi, a volte, le sue decisioni sono state rigide e non sempre la comunità si è sentita parte della chiesa. L'arrivo di Don Adelmo ha portato una ventata di freschezza, dovuta anche alla sua giovane età, ha voluto fortemente che tutti facessero parte di un'unica grande famiglia, ha fatto sì che ognuno di noi sentisse la chiesa come un luogo proprio, come altro da sé. Ha messo in piedi una macchina, questa metafora mi fa pensare alla “macchina di Santa Rosa”, che funziona perchè ognuno svolge il suo ruolo e perchè è lui a guidarla. Quanto più lui faceva cose bellissime per la nostra comunità, tanto più noi temevamo che tutto ciò sarebbe stato solo momentaneo e che ci saremmo svegliati troppo presto da un sogno. Ora accade proprio questo. La paura di perderlo prende forma e si realizza. Mi creda se Le dico che è prematuro toglierlo da Castronuovo. La gente sentirà che al contadino, che ha seminato, non interessa il raccolto e se ne va via.
Il vuoto che egli lascerà non potrà essere colmato da nessuno, in questa fase di ciclo vitale della comunità di Castronuovo. Chiunque, al suo posto, ora sarà visto come un nemico ed il grande lavoro fatto finora svanirà in poco tempo, lasciando posto solo all'angoscia prima ed all'amarezza poi. Queste mie parole sono dettate non solo dall'affetto e stima verso Don Adelmo, ma soprattutto il mio è come un guardare attento, attraverso una lente, a come sia cambiato il mio paese e quanto finalmente la chiesa sia parte integrante della vita di ognuno. Io torno poco a Castronuovo e quindi Le assicuro, Eccellenza, che sono distante, anche per formazione personale e carattere, da complotti e beghe che potrebbero generarsi da questa situazione. Io Le affido questi miei pensieri dettati solo dal timore che a breve un paese si ritroverà senza un capo spirituale. Il vento, che agitava gli animi, ha smesso di soffiare almeno per un po'. La prego: non lo faccia ricominciare! C'è ancora tanto da fare e Don Adelmo ha bisogno di rimanere lì dov'è, tanto quanto il paese ha bisogno di sapere che lui c'è. Altre parrocchie, più prestigiose forse, possono aspettare. Pensi ad un bambino che smette di prendere il latte dal seno materno e deve essere svezzato; questo è un trauma che solo una madre amorevole e presente può far superare al suo piccolo che, una volta sicuro sulle sue gambe, potrà andare per il mondo. Io penso che lui abbia bisogno di temprarsi e questo possa farlo a Castronuovo, così come credo che il paese abbia bisogno ancora dei servigi di Don Adelmo. Non so quanto questa mia possa servire a farLa recedere dalle Sue decisioni, spero almeno di Farle venire qualche dubbio, voglio essere ottimista. Non Le rubo altro tempo e La saluto cordialmente. 
Roma, 11 maggio 2008.

Dott.ssa Maria Antonella Ruberto, Psicologa.