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Lunedì 28 marzo, alle ore 18, si inaugura, nella Casa Italiana Zerilli-Marimò di New York (24 West 12 Street), la vasta personale di disegni di Antonio Sanfilippo (Partanna 1923 – Roma 1980)...

La Casa Italiana Zerilli-Marimò, nella New York University, ospita una vasta selezione di opere dell’artista presente con una sala personale nel MUSMA di Matera.

Lunedì 28 marzo, alle ore 18, si inaugura, nella Casa Italiana Zerilli-Marimò di New York (24 West 12 Street), la vasta personale di disegni di Antonio Sanfilippo (Partanna 1923 – Roma 1980).
Le opere, datate 1951-1966, ripercorrono il periodo cruciale della ricerca dell’artista siciliano che, nel catalogo pubblicato per l’occasione da De Luca Editori d’Arte, viene illustrato, inoltre, con le sei scatole facenti parte della collezione del MUSMA. Museo della Scultura Contemporanea di Matera, uno dei musei italiani che nell’ambito dell’interesse rivolto al gruppo “Forma” (Accardi, Consagra, Dorazio, Perilli, Sanfilippo) dedica a Sanfilippo una sala personale con tutte le sculture da lui realizzate tra il 1967 e il 1968.
La mostra, in catalogo, viene introdotta da Giuseppe Appella, Direttore del MUSMA, che così scrive: “Nell’incontro-scontro tra astrazione e figurazione, che connota l’immediato dopoguerra in Italia, negli anni in cui bisognava trovare una nuova ragione d’essere artistica, Sanfilippo, messo di fronte a Gorky che nel 1957 espone alla Galleria dell’Obelisco e a Pollock, ampiamente presentato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel 1958, ha il coraggio di sottrarsi a ogni schema preesistente, a ogni categoria, costituendo un’autentica eccezione nel monotono conformismo dei molti ancora attardati sul cubismo come rinnovata possibilità formale o sull’informale come impensata potenzialità materica.
Nel giro di un decennio, affida l’istanza segnica che lo contraddistingue a una inventiva inesauribile e alla capacità di valersi di ogni scoperta – sua o degli altri – per rintracciare nuove entità autonome di linguaggio, in ogni caso inconfondibili, consegnate al riflesso diretto d’uno stato d’animo attuale e unico. E non c’è stanchezza né sviamento nel guizzo improvviso di vitalità, spesso drammatica, che anima l’oscillazione ritmica dei suoi tracciati (estensioni, strutture, piccole forme, linee punti, impronte, nuvole, arcipelaghi, frammenti d’ali, manoscritti, metamorfosi) rendendoli sorprendentemente inconsueti, ricchi, omogenei, rispetto a corrispettivi come Le Moal e Wols, Bryen e Bazaine, Sugai e Zao-Wou-Ki, Feito e Soulages, Capogrossi e Dubuffet in primis, insieme a Michaux, Sam Francis e Tobey.
È che Sanfilippo conferisce valore al segno trovato, proprio come Duchamp all’oggetto e Dubuffet all’“art brut”; prende atto, con Breton, di un’esistenza del tutto “altra”, attentissimo alla fibrillazione di unità minime numerabili all’infinito o alla rapida e violenta vibrazione della crosta terrestre che il pennino registra sulla carta, allo stesso scarabocchio, alla velocità ingenua del ghirigoro, e non li trascura, anzi ne fa la creazione stessa, a volte lo spunto per un’immagine plastica che esprima l’allegria di essere stato scoperto, di possedere caratteristiche compositive tali da sollecitare una ricerca giocosa, impensabile nell’artista comunemente visto come un solitario e scontroso investigatore che offre, in toto, al medium espressivo, il suo enimmatico e segreto pregio evocativo (cfr. le scatole in legno con forme ritagliate, del 1967, conservate dal MUSMA. Museo della Scultura Contemporanea. Matera). 
Tutto ciò chiarisce perché il procedimento regolare, eppure larvatamente impulsivo, dei reticolati non si incrini mai, non si blocchi in sagome impenetrabili e assuma una cadenza press’a poco classica, tanta è la trasformazione degli elementi ai quali è consegnata la moltiplicazione cadenzata dei segni e dei gesti, l’uno a scandire l’altro, fino al limite della contrapposizione o del mimetismo.