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L’Amministrazione Comunale, in occasione della celebrazione del tricentenario della canonizzazione di Sant’Andrea Avellino, avvenuta il 22 maggio 1712, per opera di Clemente XI, intende porre in essere una serie di interventi finalizzati al recupero e alla valorizzazione dei luoghi del Santo... 

La realizzazione di detti interventi hanno un duplice obiettivo: il primo la promozione e valorizzazione della figura di Sant’Andrea Avellino.

Nacque a Castronuovo (PZ) nel 1521 da Giovanni Avellino e da Margherita Apelli, e fu chiamato Lancellotto. Avviato agli studi da uno zio arciprete, li compì nella vicina Senise, esercitandosi fin d'allora nell'apostolato catechistico fra i giovani del luogo. Ordinato sacerdote nel 1545, nell'ottobre 1547 si trasferì a Napoli per frequentare la facoltà di diritto di quella Università, dove si laureò in utroque iure. Avendo nel 1548 praticato gli esercizi spirituali sotto la direzione del gesuita p. Laínez, si diede a una vita di più intensa spiritualità, nella quale fu saggiamente diretto dal teatino, futuro beato p. Giovanni Marinoni (1490- 1562). Avvocato ecclesiastico presso quella curia arcivescovile, abbandonò il foro in seguito a una menzogna sfuggitagli durante una arringa, fatto questo che lo amareggiò profondamente.
Nel 1551 gli fu affidata da mons. Scipione Rebiba, vicario generale di Napoli, la riforma del tristemente noto monastero femminile di S. Arcangelo di Baiano: egli intraprese tale missione con zelo e fermezza, imponendovi severa clausura e tenendovi il quaresimale e le omelie negli anni 1553 e 1554. Essendo, però, mal sopportata la sua opera riformatrice da chi aveva loschi interessi nel monastero, fu ripetutamente aggredito e, nel 1556, gravemente ferito da un sicario. Guarito quasi miracolosamente, chiese e ottenne, nel novembre di quello stesso anno, di vestire l'abito tra i Teatini di S. Paolo Maggiore di Napoli, cambiando allora il suo nome di battesimo con quello dell'Apostolo della croce. Maestro di noviziato fu lo stesso p. Marinoni e suo compagno il futuro cardinale e beato Paolo Burali d'Arezzo. Professò solennemente il 25 gennaio 1558, aggiungendo in seguito ai tre voti della vita religiosa altri due, cioè, di contrariare sempre la propria volontà e di progredire incessantemente, nella misura delle proprie forze, verso la perfezione.
Nel 1559 fece un pio pellegrinaggio a Roma, dove fu ricevuto da Paolo IV, fondatore, insieme con s. Gaetano Thiene, dei Chierici Regolari (1524). Nel 1560 fu nominato maestro dei novizi della casa di S. Paolo Maggiore, carica che tenne per dieci anni. Furono suoi discepoli spirituali alcuni dei più illustri Teatini del suo tempo, fra i quali va ricordato il ven. Lorenzo Scupoli, autore del trattato Il combattimento spirituale. Preposto della stessa casa dal 1566 al 1569 vi istituì il primo studio teologico dell'Ordine, che volle informato alle dottrine dell'Aquinate.
Nel 1570 fu eletto vicario della casa che i Teatini avevano aperto a Milano, presso S. Calimero,dietro invito di s. Carlo Borromeo, il quale, come ricorda il Martirologio di p. P. Bosco (3 febbraio), accolse amorevolmente A., uscendogli incontro fuori Porta Romana. In breve egli divenne il direttore spirituale preferito dalla migliore nobiltà milanese nel nuovo assetto dato dal Borromeo alla Chiesa ambrosiana, secondo lo spirito del Concilio Tridentino. Nel maggio 1571 fu trasferito a Piacenza come preposto della nuova casa che in S. Vincenzo aveva fondato in quello stesso mese il vescovo Paolo Burali d'Arezzo.
Essendosi incontrato a Genova con la mistica agostiniana suor Battistina Vernazza, figlia di Ettore, l'ispiratore degli Ospedali degli Incurabili, e avendole esposto il desiderio di ritirarsi dall'attività apostolica, ne fu da lei dissuaso. Nell'apr. di quello stesso anno A. fu eletto preposto di S. Antonio di Milano e nel 1581 ancora di S. Vincenzo di Piacenza.
Nel maggio 1582, dopo dieci anni di apostolato nella Lombardia, egli ritornò a Napoli, dove visse fino alla morte. Qui riprese la sua instancabile attività predicando, scrivendo e guidando quanti fiduciosi a lui si rivolgevano.