“Ecco le prime spine del pontificato!” L’aneddotica vuole sia questa la battuta del neo-eletto papa, che “sibi nomen imposuit” Giovanni XXIII, allorché nessuna delle tre misure dell’abito pontificale si mostrò adatta all’imponente stazza del poco noto bergamasco che stava per concedersi alla folla di piazza San Pietro nel pomeriggio del 28 ottobre 1958.

 

E probabilmente nessuno dei cardinali elettori di quel conclave poteva immaginare quale rivoluzione il Patriarca di Venezia avrebbe portato nell’eterna Curia e nel mondo. Non è un mistero (a scriverlo sono biografi e storici di parte cattolica) che all’elezione di Angelo Giuseppe Roncalli si arrivi (non me ne voglia lo Spirito Santo!) dopo persistenti divisioni tra le varie anime del Collegio dei “porporati”, i quali così pensano a un papato “di transizione”: e chi meglio del mite e bonario settantasettenne cardinale della Laguna può corrispondere a tale identikit, assicurando così un pontificato non lungo né epocale? 
E invece la STORIA (o, se preferite, la PROVVIDENZA) cambiò le carte in tavola…
Nato il 25/11/1881 a Sotto il Monte (Bergamo) da famiglia contadina, Roncalli si laurea in Teologia e viene ordinato sacerdote nel 1904, l’anno dopo il vescovo di Bergamo Giacomo Radini Tedeschi lo nomina suo segretario (insieme sono tra i primi uomini di Chiesa a ritenere legittime le rivendicazioni operaie del tempo), dal 1915 al 1918 è cappellano militare di Bergamo. Nel 1921 è nominato presidente nazionale della Pontificia Opera per la Propagazione della Fede, nel 1925 è ordinato vescovo e visitatore apostolico in Bulgaria; nel 1934 è trasferito in Turchia e Grecia, dove resta per 10 anni dando prova (da qui in poi) di un’efficacia pastorale fondata sul suo temperamento paziente ed affabile: qui comincia a tradurre brevi passi della liturgia in turco moderno (iniziativa temeraria che anticipa di 30 anni le riforme del Concilio Vaticano II) e aiuta (anche con passaporti non propriamente a norma) 25000 ebrei perseguitati. Di questo periodo è la sua amicizia con Franz Von Papen, ambasciatore nazista in Turchia, che Roncalli “salverà” al processo di Norimberga ricordando la collaborazione clandestina offerta dal diplomatico tedesco per risparmiare vite altrimenti destinate a finire nei lager.
Nel 1944 PIO XII lo nomina nunzio apostolico a Parigi, dove il generale De Gaulle è intenzionato a operare un “repulisti” di decine di vescovi accusati di collaborazionismo col regime filo-nazista di Vichy: abilità diplomatica e una paziente mediazione consentono al futuro papa di ridurre a tre il numero dei “dimissionati” e di raggiungere una popolarità fuori dal comune presso le autorità francesi (è lo stesso presidente della Repubblica Auriol a imporgli la berretta cardinalizia il 15/1/1953, come un antico privilegio consentiva ai capi di stato di alcuni paesi cattolici).
Nel ’53 il neo-cardinale Roncalli diventa Patriarca di Venezia, dove compie vari gesti sorprendenti: non acquista, come i suoi predecessori, un motoscafo o una gondola ma si sposta con mezzi pubblici; tutti i giorni dalle 10 alle 13 riceve chiunque voglia liberamente parlargli; nel ’56 invia un messaggio di auguri all’apertura del congresso del PSI che si tiene nella città lagunare.
Eletto con sorpresa di tutti (soprattutto sua) al soglio di Pietro, Roncalli inaugura il suo ministero abbandonando lo stile ieratico, solenne, aristocratico del suo predecessore Pacelli (“il Principe di Dio”) a favore di un linguaggio familiare, confidenziale, addirittura autoironico e soprattutto comincia ad uscire dal chiuso delle stanze vaticane: a Natale fa visita ai bambini ammalati del Santo Spirito e del Bambin Gesù, il giorno dopo incontra i carcerati di Regina Coeli, gira per le parrocchie di Roma (tanto da guadagnarsi il soprannome di “Giovanni fuori le mura”), una settimana prima del Concilio raggiunge in treno Loreto ed Assisi (prima uscita fuori dal Lazio per un pontefice dopo il 1870).
Ma la storia della Chiesa il “Papa buono” la cambia il 25/01/59, quando di fronte a molti cardinali increduli annuncia l’intenzione di celebrare il XXI Concilio Ecumenico, che non dovrà portare a inedite verità o condanne, ma al rinnovamento di una Chiesa chiamata a misurarsi con le sfide del mondo odierno. Il Vaticano II, aperto a cristiani non cattolici e ad osservatori laici e concluso da PAOLO VI nel dicembre del 1965, si apre l’11 ottobre 1962 salutato da migliaia di persone a San Pietro e da frasi storiche del Papa: “si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera (…) La mia persona conta niente (…) Portate una carezza ai vostri bambini…”
La popolarità di Roncalli tocca l’apogeo durante la crisi USA/URSS del 1962, quando i russi installano missili a media gittata nella Cuba di Castro provocando le ire americane: il mondo rimane col fiato sospeso temendo l’olocausto nucleare, Giovanni XXIII diffonde un radiomessaggio diretto a Kruscev e Kennedy: “ Che continuino a trattare, perché questa attitudine leale e aperta è una grande testimonianza per la coscienza di ognuno e davanti alla storia…”
In soli quattro anni e mezzo egli apre il dialogo con i cristiani di altre confessioni (nel 1960 incontra l’Arcivescovo di Canterbury Fisher, è la prima volta dopo 400 anni) e riesce ad emancipare la Chiesa dal gioco politico dei blocchi contrapposti (riceve nel ’63 figlia e genero di Kruscev commentando: “è un filo misterioso della Provvidenza che non ho il diritto di rompere”). 
Un tumore allo stomaco gli toglie il respiro il 3 giugno 1963: sarà beatificato da un altro papa amatissimo anche da laici e non cristiani, Giovanni Paolo II, il 3 settembre del 2000. 
Otto sono le sue encicliche: Ad Petri Cathedram, Sacerdotii nostra primordia, Grata Recordatio, Princeps Pastorum, Mater et Magistra, Aeterna Dei Sapientia, Paenitentiam agere, Pacem in terris. Tra queste, l’ultima affronta la “questione sociale”, che Roncalli imposta differenziandosi sia dal capitalismo oltranzista americano che dal socialismo reale e ponendo al centro l’individuo singolo, che non può annientarsi al cospetto di qualsivoglia sistema economico o politico.
Vale la pena citare un passo della Pacem in terris, prima enciclica destinata non solo a clero e cattolici, ma a “tutti gli uomini di buona volontà”: “Ogni essere umano è persona, cioè una natura dotata di intelligenza e volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili”. 

UMBERTO DI MATTEO