Alla ricerca del cavallo bianco

Il cavallo, l’animale per eccellenza, è da sempre legato alle gloriose vittorie di storici condottieri; valga per tutti Alessandro Magno. In questa circostanza, però, un cavallo, bianco di pelo, diventa metafora del perenne scontro tra la vita e la morte. Si narra come leggenda, e non vi è motivo razionale per dubitarne, che nelle notti di luna piena, in una località di Castronuovo di Sant’Andrea, un cavallo bianco vada vagando con il suo folto ed irto pelo seminando, se intralciato, terrore e annunciando, se si tentasse di catturarlo, sventure. Questo cavallo, però, di giorno non si vede e, forse questa è la verità secondo alcuni, non vi è o meglio non esisterebbe affatto. allora chiedo: perché questo cavallo? cosa rappresenta? perché soltanto nelle notti di luna piena? da dove viene? perché bianco?, domande queste tutte lecite che dovrebbero dissipare ogni dubbio circa l’esistenza o meno di questo bianco ed imponente cavallo e che meriterebbero una risposta.

I benpensanti razionalisti, i quali vogliono sempre dare una spiegazione logica e razionale, non riuscirebbero a dare alcuna risposta alle domande su poste senza nascondersi sempre dietro al fatto che si possa trattare di allucinazione, forse collettiva.

Io, nel mio piccolo, vorrei coraggiosamente azzardare un’ umile ipotesi. Il cavallo, come metafora reale, indica la ragione; il bianco l’innocenza ed il candore della verità; la notte il fecondo dubbio; il tentativo di intralciare i passi del cavallo indica la forza bruta dell’istinto; infine, il cercare di catturare il cavallo la sopraffazione dell’ invincibile ignoranza degli uomini sulla ragione. La leggenda, ma io direi piuttosto la verità reale dei fatti, tramanda l’infelice episodio che vide per protagonista un’anziana signora C. G., iniziali queste che dovrebbero bastare per dare credito al racconto.

Mentre ritornava dai campi, ben consapevole che in quel luogo avrebbe avuto modo di imbattersi nella visione di questo bianco cavallo ed incurante dei rischi che poteva incontrare, si fermò dietro un muro e decise di aspettare per vedere se fosse vero quanto veniva raccontato; a questo punto il lettore noterà, attraverso il gesto di questa anziana signora, la superbia dell’ uomo che vuole raggiungere la verità a tutti i costi e con ingannevoli stratagemmi. L’ anziana signora appena scorse il cavallo, che procedeva con fierezza e con la sua maestosa ombra nel campo illuminato dallo splendore della luna piena, decise di farsi avanti per accarezzarlo e per cercare di domarlo. Catturatane la simpatia, l’anziana C. G. tentò di legargli attorno al collo una fune che teneva nascosta; il cavallo, di scatto, si liberò e subito si allontanò. Alla, da ora in poi povera e disgraziata, signora non rimase altro che fare ritorno a casa dalla sua famiglia. A tavola non fece alcun cenno del cavallo, ma, purtroppo, iniziarono a manifestarsi le conseguenze del suo gesto sconsiderato. Cadde uno specchio, e potrebbe questo evento bastare, e non si ruppe completamente; dalla soffitta un indistinto pianto di piccole creature, insieme umane ed animali; la notte, da fuori venivano uditi distintamente ululati e latrati, i quali non permisero all'intera famiglia di passare la notte tra le braccia di Morfeo.

Il giorno seguente il marito trovò la morte, pascolando il suo gregge, spinto da un caprone in un profondo burrone; il primo dei due figli venne colpito da paralisi in seguito ad una caduta accidentale, l’altro, nel vano tentativo di aiutarlo, cadde rovinosamente a terra e vi rimase; l’ anziana, divenuta consapevole che tutto ciò che era capitato era frutto del suo sfidare la sorte, decise di darsi morte correndo verso un’altura e gridando forte: “misera me, che volevo catturare il cavallo ed ho ottenuto in cambio questo infelice destino!”. Fu quello, per l’anziana signora, il suo ultimo giorno; da allora, infatti, nessuno più la vide.

Mario Di Sario