Fiori di cicoria - Memorie minime dalla vita di un medico condotto. E' il titolo di una raccolta aneddotica di momenti di vita quotidiana di un mondo e di una civiltà lontana il cui ricordo rischia di dissolversi e di perdersi per sempre. Con la pubblicazione della prefazione - ed in seguito di alcuni capitoli del racconto - vogliamo far rivivere i personaggi e farli ricordare e per usare le parole dell'autore "...non sarebbe giusto che fossero dimenticati".

Prefazione di “Fiori di Cicoria – Memorie minime dalla vita di un medico condotto. Angelo Caprioti Editore. Luglio 1994” 

Nelle prode erbose delle strade, in quei luoghi sui monti del Sud dove ho fatto il medico, cresce, spontanea, la cicoria.

In primavera la gente ne va raccogliendo le foglie per farne gustose insalate, poi le piantine spigano e, su lunghi steli nudi grossolanamente ramificati e quasi invisibili sul fondo erboso, spuntano i fiori a stella, luminosi, innumerevoli, che sembrano sospesi in aria o leggermente appoggiati sull’erba come dopo una prodigiosa nevicata di pezzetti di cielo.

Restano a lungo, dall’inizio dell’estate fino al autunno inoltrato, ma nessuno li nota o ne tiene conto.

Sono più vistosi i papaveri e le margherite, più profumate e splendenti le ginestre, eppure credo accompagnino l’inconscio di chi percorre quelle strade con la freschezza del loro colore che, come quello del cielo, varia secondo la luce dal celeste al lilla, dal turchese all’azzurro.

Chi volesse coglierli, per farne adora la casa, rimarrebbe però deluso perché non possono essere allontanati dal loro ambiente; appassirebbero in un istante, spengendosi come luci. Io ne ho fatta l’esperienza ritrovandomi fra le mani gli steli nudi, i fiori scomparsi, trasformati in squallidi straccetti oscuri pendenti qua e là.

È per questo che, ricorrendo ad una azzardata analogia, ho voluto intitolare questa raccolta aneddotica “Fiori di Cicoria”; i fatti che vi sono riferiti, pur avendo caratterisiche di marginalità esistenziale e capacità di suscitare benevoli arguti sorrisi per la loro spontanea bizzarria, hanno assoluto bisogno di rivivere, narrati, con l’umanità semplice da cui sono nati.

Guai se uno, anziché sorridere, volesse irridere! Dimostrerebbe di avere animo crudo, di non saper comprendere le ingenuità e le purezze della splendida gente che ho conosciuta ed amata in quel tempo lontano e che ora mi piace qui ricordare con immutata nostalgia.

Eccomi allora a dilungarmi in descrizioni e spiegazioni non strettamente necessarie al semplice gioco aneddotico, eccomi a correre il rischio di essere giudicato patetico, sorpassato, convenzionale. A pensarci bene, però, mi pare di andare io contro corrente in questo mare di pretta funzionalità in cui commozioni e sentimenti vengono ritenuti inutili, anzi inopportuni, in questo universo di “Bip-bip-bip” senza più melodie, dove purtroppo anche molti medici scambiano con il massimo possibile profitto le minime possibili prestazioni, solo esasperatamente tecniche.

Ma fare il medico vuol dire anche lasciarsi condurre talvolta, senza compenso alcuno, attraverso l’irrazionale dove quasi sempre si incontrano insperati sorrisi, inattese manifestazione di amore.

Nel riferire ciò che veramente è accaduto, ho avuto cura di non far coincidere con quelli reali i nomi dei luoghi e delle persone; i luoghi sono ancora là, identici e maliosi, gran parte degli amici ricordati, invece sono ormai scomparsi. Comunque, se qualcuno si riconoscesse in un personaggio del libro, lo prego di sorridere con me per quegli accadimenti lontani e di perdonarmi di averli voluti svelare; sono del resto accadimenti incantevoli, straordinari e non sarebbe giusto che fossero dimenticati. 

L’autoreFrancesco Santini Muratori è nato a Caldana di Gavorrano, in provincia di Grosseto, il 24 Febbraio 1925. Laureato in Medicina presso l’Università di Napoli, ha esercitato la professione, per circa trent’anni, in terra di Basilicata dove ha incontrato un mondo ed una civiltà antichissimi che lo hanno affascinato. Per salvare almeno il ricordo di quel mondo e di quella civiltà che si vanno ormai dissolvendo nell’appiattimento della unitarietà culturale popolana in Italia, si è improvvisato scrittore; la prima volta cimentandosi, prudentemente, con la forma letteraria che gli è parsa meno difficile da affrontare: il racconto aneddotico. 

Pino Di Sario

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