Stando così le cose, pare assurdo affermare che Giuseppe e Maria erano felici – eppure io ne sono sicuro – di una felicità ben più completa e più nobile di quella che i presunti suggeritori del loro matrimonio avevano inteso programmare dall’alto della loro assoluta e naturale animalità.

Maria era anziana, brutta, ma on se ne rendeva conto ed in ogni casa, con insistenza, chiedeva che le regalassero uno <<scaraturo>>, un pettine ed ottenutolo abbozzava con primitiva grazia donnesca il gesto di pettinarsi, anche se i suoi capelli erano trasformati per il sudore e la polvere di tanti anni in un casco quasi rigido aderente al cuoio capelluto, ormai non più districabile.

Viveva inoltre, forse  sin da quando si era sposata, nella dolcissima attesa di un figlio ch’ella sentiva muoversi, ansiosa nel grembo; se le chiedevano, sempre per ridere, quando sarebbe nato il bambino, rispondeva invariabilmente <<L’anno che vène!>> (l’anno prossimo) e continuava ad aspettare. Giuseppe e Maria avevano insomma realizzato una vera famiglia a dispetto di tutto, della miseria loro e di quella della gente, del caldo, del freddo, del tempo, persino del loro vivere di cui non avevano piena nozione.

L’inverno era particolarmente rigido quell’anno, tiravano venti dal Nord e portavano neve scarsa e granulosa che subito gelava sulle strade trasformandosi in grandi lastre di ghiaccio. La gente restava nelle case attorno al fuoco ed il paese sembrava deserto, solo Giuseppe e Maria continuavano a vagare nel freddo chiamandosi l’un l’altro con voci solitarie interrotte e sfilacciate dal vento. Accadde allora, un pomeriggio, a causa di quei richiami alterati, che Maria si allontanò per suo conto e Giuseppe, disperato, corse avanti e indietro per le strade a cercarla: qualcuno, non si sa chi, gli gridò che se l’era presa Don Lorenzo, l’arciprete, e che la voleva tenere per sé.

Giuseppe raccolse da terra un mezzo mattone e si diresse infuriato verso la Chiesetta della Madonna dove l’arciprete stava recitando il Rosario con alcune donne devote; entrò, per fortuna scalpicciando, così che Don Lorenzo si girò e fece in tempo a schivare il tremendo colpo di mattone che Giuseppe aveva sferrato da dietro sulla sua testa, caddero insieme fra i banchi ed in quel momento scattò dal fondo della chiesetta Sansone, il grande lupo scuro di Don Lorenzo, che visto aggredito il padrone, si gettò nella lotta in sua difesa.

Fu pronto Don Lorenzo a gridare un comando prima che i denti di Sansone affondassero nella gola di Giuseppe; le donne devote erano scappate urlando, accorsero in diversi dal vicino bar, immobilizzarono Giuseppe; qualcuno cercò Maria per le stradine del paese, la riportò al marito e, visto che non era successo niente di irreparabile, lasciarono che i due poveretti si avviassero insieme verso casa.

Ma non finì così. (Continua)

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