Paolo Bertelli ricostruisce il grande evento espositivo del 1937 a Mantova - La dinastia fu intrinsecamente legata alla città per tre secoli dal 1338

****Un evento eccezionale e solenne fu certamente la prima grande mostra d’arte a Mantova, che si realizzò nel 1937 e che portò nella città virgiliana quarantamila visitatori, tra i quali studiosi e storici dell’arte da tutto il mondo, oltre al principe Umberto di Savoia, al re Vittorio Emanuele III, a Gabriele d’Annunzio, al “Maraja di Kapiur” e a tante altre personalità dell’epoca.

Si trattava della “Mostra iconografica gonzaghesca”, allestita dal 16 maggio al 19 settembre nel Palazzo Ducale, in cui furono esposte centinaia di opere giunte dai maggiori musei d’Italia e d’Europa (firmate tra gli altri da Pisanello, Donatello, Mantegna, Raffaello, Tiziano, Leone Leoni, Porbous, Rubens), celebrando così anche la lunga campagna di restauri che ridiede vita alla reggia dei Gonzaga. Per la prima volta anche il grande pubblico poté accedere alla Camera picta di Mantegna e, proprio in quell’occasione, si posero le premesse per una mostra su Mantegna, il pittore di Isola di Carturo (ora Isola Mantegna), che, a causa della guerra, si riuscì a realizzare più tardi, soltanto nel 1961. Una grande mostra, dunque, dichiaratamente intesa a documentare e celebrare la dinastia dei Gonzaga nei suoi aspetti più propriamente iconografici, vale a dire attraverso la descrizione, classificazione e interpretazione di quanto la signoria mantovana era stata raffigurata nelle opere d’arte, dai ritratti pittorici o scultorei, ai disegni, alle monete e alle medaglie.

****A rievocare questo importante evento cittadino, Paolo Bertelli, docente presso l’Università di Verona, ha dedicato un poderoso volume (Immagini sovrane. La Mostra Iconografica Gonzaghesca del 1937), pubblicato grazie al concorso del Comune di Mantova, dell’Università degli Studi di Verona e dell’Associazione Postumia (e dell’omonima rivista; il volume è il primo della Collana Iconografica Gonzaghesca diretta dallo stesso Bertelli) , con i tipi Publi Paolini di Mantova, che è il frutto di un lungo lavoro dedicato alla documentazione conservata nell’Archivio di Stato di Mantova, solo recentemente divenuta accessibile, e attraverso la quale è stato possibile ricostruire, capillarmente, l’intero evento espositivo: dalla genesi alla scelta delle opere, dai trasporti alle assicurazioni, dall’allestimento alle visite illustri. In oltre quattrocento, densissime pagine, l’autore restituisce con una impressionante dovizia di informazioni e con i più svariati documenti (un’ampia rassegna stampa, resoconti dei servizi radiofonici dell’Eiar anche con le "veline" del corrispondente da Mantova Gaetano Nicolini, il cinegiornale Luce, lettere, telegrammi, inviti, fotografie d’epoca, cartoline, testimonianze, opuscoli (tra cui quello dell’onorevole Gino Maffei, presidente del Comitato Esecutivo della mostra, con un autografo di D’Annunzio), recensioni critiche, discorsi ufficiali, carteggi con i musei o con i privati, addirittura le “ricevute di ritorno” delle restituzioni a loro delle opere prestate. Una ricostruzione, tra cronaca e storia, dell’evento (che fino ad ora sembrava destinata all’oblio), con il quale, come sottolinea Valerio Terraroli, anch’egli dell’Università veronese nella sua introduzione, Bertelli, con un lavoro davvero puntuale, prezioso, da certosino, "con la scoperta e l’emersione dagli archivi di una miriade di testimonianze d’epoca, rientra in quel nuovo ambito delle ricerche storico-artistiche che stanno a cavaliere tra la storia della critica d’arte, la storia del gusto, la museografia e la museologia e, ovviamente, la storia dell’arte tout court. Si tratta di un lavoro esemplare che può aprire la ricerca ad un "filone" fino ad ora forse poco praticato, per offrire, ad "addetti" e non, nuove opportunità di poter leggere e interpretare in modo interdisciplinare la storia degli eventi espositivi "come cartine di tornasole del gusto, come strumenti di propaganda politica e di politica culturale, come punto di arrivo a dimostrazioni do tesi critiche e punti di partenza di nuove ricerche e confronti".

****Il volume offre diverse chiavi di lettura dell’evento del 1937 – Anno XV dell’era mussoliniana,  anno in cui in Italia, ma anche all’estero si registrarono iniziative di carattere espositivo per così dire epocali: dalla "Exposition Univeselle" di Parigi alla "Enterte Kunst", la mostra della cosiddetta "arte degenerata" voluta da  Goering a Monaco di Baviera, la grande mostra sul Tintoretto nella veneziana Ca’ Pesaro, la "Mostra Giottesca" agli Uffizi ecc., in cui la mostra mantovana veniva ad assumere particolare risalto e originalità per la sua orgogliosa rivendicazione di un passato glorioso e splendido legato e intrecciato indissolubilmente ad una dinastia che, dal 1328 per ben tre secoli, si è praticamente identificata con la città di Sordello. Da un’analisi del contesto storico e culturale dell’epoca, da cui emerge, come fa notare il sindaco di Mantova, Nicola Sodano, "come le figure istituzionali virgiliane non fossero essenzialmente allineate con il regime e come questi umori fossero emersi nel corso dell’organizzazione della mostra". Altro percorso che Bertelli ci fa seguire minuziosamente è quello di farci addentrare nei meccanismi poco o per niente visibili all’esterno dell’organizzazione vera e propria che sta dietro le quinte dell’evento, dall’ideazione al momento "rituale" dell’inaugurazione (un racconto che ancora oggi può risultare molto "istruttivo"). E poi, l’autorevolezza della città, che le consentiva, proprio grazie al biglietto da visita che l’autorizzava a presentarsi come la capitale dei Gonzaga, di dialogare e "pretendere" dai musei e collezionisti  prestiti di capolavori sparsi un po’ in tutt’Europa.

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****Con sfarzo di aneddotica, che rendono il libro anche ricco di curiosità e di piacevole lettura, l’autore ci immerge nel clima e nei fermenti cittadini soprattutto attraverso la grande attenzione che, quasi quotidianamente, l stampa locale dedicava all’evento, registrando puntualmente visite di importanti personaggi e la – per quei tempi – inimmaginabile affluenza del pubblico. Fin dalla retorica che accompagnò i discorsi inaugurali, tra cui quello del giornalista, storico e archivista Luigi Luzio, che dal 1882 al 1892 fu giovanissimo direttore della “Gazzetta di Mantova”, nell’austero Salone degli Arcieri, davanti ad una prima fila di autorità, tra sciabole, divise e camicie nere. Ed ecco come Bertelli rievoca quella “giornata particolare”: “Sempre nella giornata inaugurale, alla mostra ebbe accesso un gran numero di visitatori, molti dei quali stranieri. In serata i palazzi gonzagheschi vennero illuminati con un colpo d’occhio difficilmente ripetibile per i mantovani di allora, mentre in quella che a quel tempo era detta ‘Piazza Leona’ … la banda di Govèrnolo intrattenne i presenti fino alle 23”.

MICHELE DE LUCA