Grazie al MAST una nuova ricognizione nel rapporto tra immagine e lavoro
Fotografia e industria: una biennale a Bologna
Straordinaria partecipazione internazionale a questa seconda edizione 

****“Se ancora oggi possiamo ammirare immagini che informano e fanno riflettere sull’industria, non lo dobbiamo più ai pochi fotografi ancora rimasti all’interno delle aziende, ma agli artisti, alla particolare attenzione di fotografi spesso di impostazione concettuale che si interessano ai processi produttivi e al loro legame con la società”. Così annotava Urs Stahel, curatore della collezione di fotografia industriale della Fondazione MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazioni e Tecnologia di Bologna, presentando la recente mostra “Industria Oggi”,

allestita presso la propria sede, che offriva al pubblico l’immagine dell’industria contemporanea attraverso gli scatti di ventiquattro artisti e fotografi, proponendo una riflessione sulla rappresentazione del paesaggio industriale degli ultimi anni. Com’è ormai ben noto, le meritorie iniziative del MAST, come questa imponente rassegna, si articolano intorno al concetto di mostrare al grande pubblico il mondo del lavoro, proponendo un vero e proprio dialogo tra la bellezza degli spazi (storici o contemporanei) destinati alla produzione industriale e la meraviglia delle immagini fotografiche di artisti internazionali che con il loro sguardo hanno saputo cogliere l’essenza della raffigurazione dei processi lavorativi in vari e molteplici luoghi di produzione.

****Si è ora appena inaugurata la seconda edizione della “Biennale Foto/Industria. Bologna 2015”, la rassegna dedicata alla fotografia industriale che trova nella Fondazione MAST di Bologna, da qualche anno promotrice di importanti mostre sul tema, il suo centro di ideazione, promozione e realizzazione. Quattordici mostre, con la regia di François Hébel, per un lungo itinerario che si snoda, coinvolgendo l’intero tessuto della città felsinea dalla periferia al centro. La manifestazione è divisa per temi: la “Post-Produzione”, con un inedito David LaChapelle(alla Pinacoteca Nazionale), qui con il suo recente lavoro “Land Scape”, in cui sono protagonisti i modelli in scala; è un viaggio fantastico fra le infrastrutture della produzione e della distribuzione del petrolio, che nei suoi scatti diventano grandi luna park in cui dominano le luci artificiali: la meraviglia supera di gran lunga l’idea di lavoro. Segue “Le mie cose, fondi”, un progetto davvero intrigante iniziato dal cinese Hong Hao (esposto al MAMBO) nel 2001. Sono oggetti scansionati giorno dopo giorno, per dodici anni, in una sorta di diario privato e pubblico al tempo stesso: un’osservazione dell’umana condizione in una società dove consumo è la parola d’ordine.

****Il secondo tema affrontato dalla Biennale è quello legato più propriamente produttivo del processo industriale, con le grandi proiezioni degli spazi canadesi di Edward Burtinsky (Palazzo Pepoli Campogrande). Di particolare suggestione è la mostra di O. Winston Link, intitolata “Norfolk and Western Railways” (Casa Saraceni): sono immagini realizzate di notte tra il 1955 e il 1959 dal noto fotografo industriale che questa volta ha puntato il suo obiettivo sulle le locomotive che irrompono nel paesaggio, in luoghi di riti collettivi, come nei drive in, oppure in momenti di vita privata, come nelle cene all’aperto delle famiglie della classe media americana. In questa sezione si possono ammirare, nello Spazio Carbonesi, anche le grandi fotografie a colori e in bianco e nero del bravissimo  (nostro) Luca Campigotto, i cui soggetti sono le navi, raccolte con il titolo “La poesia dei giganti”. Le sue immagini notturne, alcune realizzate all’Arsenale di Venezia, sono davvero ricche di fascino e di forza comunicativa.

****La terza sezione si concentra sul lavoro umano. A Santa Maria della Vita sono le foto dello spagnolo Pierre Gonnord dedicate ai lavoratori delle miniere: opere fotografiche e video di grandi dimensioni, in cui sono protagonisti i ritratti dei soggetti, che appaiono talvolta trasfigurati attraverso una ricerca non tanto documentaria, quanto estetica. Fanno parte di questa sezione anche i lavori di Neal SlavinRitratti di gruppo” e di Gianni Berengo Gardin, “L’uomo il lavoro, la macchina”, un’antologica del fotografo sul tema, curata da Giovanna Calvenzi.

****Anche la pausa dal lavoro occupa una proposta visiva della rassegna del MAST: “Tutto è cominciato un pomeriggio - ci dice Kathy Ryan - quando ho visto una saetta di luce lungo le scale del ‘New York Times Magazine’. Ho preso il mio iPhone e ho scattato una foto”. Da quel momento tutto è apparso sotto una luce diversa al capo del servizio fotografico della prestigiosa testata da trent’anni. L’edificio che ci racconta con i suoi appunti visivi è un progetto di Renzo Piano, in cui la luce è la protagonista di questa interessante selezione di immagini esposta negli spazi del Museo Internazionale e Biblioteca della Musica. Di non meno interesse sono, nella stessa sezione, anche gli originali lavori del coreano Jason Sangik Son (che si possono ammirare a Villa delle Rose), chirurgo fotografo che documenta cartelle, referti, grafici, diagrammi: una sorta di nuovo umanesimo tecnologico di grande forza empatica.

****E non poteva mancare una sezione dedicata ai “prodotti”. Curiosa e ben allestita la mostra del francese Léon Gimpel: si tratta della riproduzione delle lastre in auto-cromia, raffiguranti una mirabolante Parigi degli Anni Venti; ogni opera è frutto di due scatti, uno al crepuscolo, l’altro in piena notte, che, sovrapposti, offrono una visione particolare, che evoca la realtà. Tra le mostre più intense proposte dalla kermesse bolognese, quella dedicata alle immagini di still life per l’industria e la pubblicità di Hein Gorny(al Museo della Storia), realizzate nella Germania della Repubblica di Weimar, in clima di Nuova Oggettività. Ci troviamo di fronte a un fotografo di altissimo livello, in cui evidenti sono gli echi della Deutscher Werkbund e del Bauhaus, in cui essenza e forma degli oggetti si fondono mirabilmente, in un territorio in cui fotografia e arte si uniscono in una eccezionale simbiosi. Come ci dice François Hébel, direttore artistico di “Foto/Industria”, “l’ambito del lavoro e della produzione richiama immediatamente la vita quotidiana e la società. Un terreno fertile per la fotografia, fin dalla sua nascita luogo di sfide, di simboli, dove le realtà viene raccontata, ma anche trasformata”.

MICHELE DE LUCA