Il grande fotografo rievocato in una mostra curata da Walter Guadagnini
Fino al 31 gennaio all’ UniCredit Pavilion di Milano

****Un grande protagonista della fotografia: così verrà ricordato Gabriele Basilico, scomparso il 13 febbraio 2013 a Milano, dove era nato nel 1944. Dopo gli studi in architettura aveva iniziato la professione di fotografo dedicandosi alla fotografia di paesaggio e più in particolare alla fotografia di architettura. Nel 1981 si impose all’attenzione del pubblico e della critica con un indimenticato lavoro, “Milano, ritratti di fabbrica”, apparso in un clima di grande fervore innovativo nella fotografia italiana,

che per la prima volta si affacciava, suscitando grande interesse, sul palcoscenico internazionale. Erano fotografie di grande rigore formale, in un bianco e nero dai netti contrasti, in cui il patrimonio industriale e archeologico-industriale di Milano e del suo “hinterland” veniva, in cieli spesso cupi e inquietanti, riproposto nello stile di uno genere classico della fotografia, il “ritratto”, in cui il volto delle fabbriche veniva fatto emergere nella semplice assolutezza dei suoi “connotati”, decontestualizzato e “destorificato”.
****Il suo processo fotografico – come lui stesso diceva - si concretizzava in una “operazione di astrazione, di isolamento, di assenza”. Nonostante l’impressione di una certa “freddezza” di questo suo sistematico “inventario” - come sottolineava Carlo Bertelli - eravamo, invece “di fronte ad una vera riscoperta poetica di una intera dimensione della città”, di cui con il suo obiettivo aveva saputo trarne la sua profonda identità e – perché no? – il suo lato estetico. Nel corso dei circa trent’anni che sono seguiti a quella lontana esperienza, il suo obiettivo ci ha mostrato la complessità infinita delle “apparizioni” urbane, inquadrando e “raccontando” centinaia di città sparse nel pianeta, per offrirci una “lettura” critica delle contraddizioni più stridenti e dare dignità anche ai luoghi più derelitti.


****Con il titolo “Gabriele Basilico: Ascolto il tuo cuore, città”, per riprendere l’ormai celebre frase di Alberto Savinio, è una grande mostra monografica a ricordare il fotografo milanese nella sua: l’esposizione, in programma fino al 31 gennaio, è presentata da UniCredit Pavilion, il nuovo spazio di incontro polifunzionale di piazza Gae Aulenti, nel cuore della nuova Milano, dove è allestita. Curata da Walter Guadagnini in collaborazione con Giovanna Calvenzi e lo Studio Gabriele Basilico, è un viaggio alla scoperta delle città, viste attraverso gli scatti, le videoproiezioni e i filmati dell’artista. La “città”, con la sua natura e le sue modificazioni, è uno dei temi più cari a Basilico, che ha dedicato alle metropoli, in tutti i loro aspetti, gran parte del suo lavoro. Il percorso della mostra, articolato in cinque sezioni che occupano tutti gli spazi di UniCredit Pavilion, ripercorre proprio questo grande amore per le città di tutto il mondo. Da Milano a Napoli, da Mosca a Parigi a Berlino, da Istanbul a Madrid, da Rio a San Francisco fino a Shanghai, la serie Metropoli, allestita nell’Auditorium del piano terra, costituisce infatti il cuore della mostra. Basilico ha coltivato la sua amorevole ossessione per la città intesa come organismo vivente, alla ricerca degli elementi di quella “strana bellezza” che può caratterizzare ogni metropoli, “non solo nella memoria dei centri storici, ma anche nella frammentazione spontanea delle periferie”.
****Il “Corso dell’Arte” accoglie invece gli scatti su Milano. Le immagini di Ritratti di fabbriche, uno dei cicli più celebri e influenti della fotografia italiana contemporanea e realizzati fra il 1978 e il 1980, dialogano – idealmente e visivamente – con l’ultimo lavoro di Basilico, quello dedicato all’area di Porta Nuova, in cui si trova ora UniCredit Pavilion. Basilico ha documentato e interpretato tutte le fasi del recupero e della riqualificazione della zona, dalla grande voragine iniziale alla nascita della Torre UniCredit. Tra Ritratti di fabbriche e Porta Nuova si dipana l’avventura visiva e intellettuale di Basilico, narrata in mostra attraverso la serie dei Porti, concepita alla metà degli anni Ottanta e allestita in Greenhouse e quella dedicata a Beirut, presente in mostra come slide-show nell’Auditorium. Sempre al piano terra è allestita anche una sala cinema in cui sono proiettati in loop alcuni filmati su Gabriele Basilico.
****Basilico è stato un grandissimo artista della contemporaneità. Ha lasciato un enorme patrimonio di lavoro, di cultura, di umanità. Come artista, si colloca in posizione centrale nel contesto della grande fotografia documentaria internazionale; grazie al rigore, alla vastità e alla saldezza della sua ricerca totalmente dedicata, negli anni, al difficile tema del paesaggio urbanizzato in continua trasformazione, egli è uno dei maestri che hanno costruito la fotografia contemporanea e ne hanno consentito l’ingresso nel mondo dell’arte. Nonostante la gratitudine sempre dimostrata a Gianni Berengo Gardin, suo maestro, o all’amico Cesare Colombo, nonostante la stima per William Klein, il reportage non è il genere di fotografia che lo abbia mai veramente appassionato; altri furono i suoi riferimenti, prima Bill Brandt e le sue periferie urbane, Ugo Mulas con la sua cultura e la sua apertura intellettuale, Paolo Monti, con il suo metodo severo e rigoroso; poi il grande Walker Evans, maestro di democrazia dello sguardo, i coniugi Bernd e Hilla Becher, che hanno dedicato la loro vita all’indagine sistematica dei manufatti industriali, Lewis Baltz, fotografo delle aree più infime e abbandonate del paesaggio postindustriale. Ma anche, sullo sfondo, le diverse idee di città di Sironi e De Chirico e le periferie dipinte da Umberto Boccioni, o il cinema di Antonioni, Wenders, Tarkovskij. Non solo la sua formazione di architetto ma anche la sua stessa indole riflessiva lo portarono molto presto verso ciò che sarebbe diventato l’oggetto assoluto del suoi impegno: la forma e l’identità della città, l’insieme complesso delle architetture, dei manufatti creati dalla storia e dalla cultura degli uomini. Un maestro, dunque, della misurazione dello spazio e dell’analisi dell’ambiente urbano, ma anche un intellettuale profondamente “impegnato”, che, nel tempo ha scrutato e analizzato architetture e ambienti antropizzati in tutto il mondo.

MICHELE DE LUCA