Per il titolo del film Luchino Visconti si ispirò al poeta lucano Rocco Scotellaro 
Fino al 31 marzo 2017 presso il Foyer del Cinema Spazio Oberdan di Milano

****Il 1960 non è stato soltanto l’anno de “La dolce vita”. Il milanese Luchino Visconti terminava infatti di girare, e presentava a Venezia, dove mancò di poco il Leone d’oro, uno dei titoli più noti e acclamati della sua filmografia, “Rocco e i suoi fratelli”. Tragica vicenda di disgregazione familiare e di perdizione su cui grava la mano del Fato, quasi un seguito ideale de La terra trema, a questo melodramma strutturato come una tragedia classica il regista imprime una dimensione atemporale ed epica, giocando su forti contrapposizioni narrative e su taglienti contrasti di luce.

La fotografia (Nastro d’Argento a Peppino Rotunno) con le molte riprese notturne, le inquadrature dall’alto, è un elemento di forza del film, che rende indimenticabili alcune scene topiche.
****Fino al 31 marzo 2017 presso il Foyer del Cinema Spazio Oberdan di Milano, sarà allestita la seconda delle sette mostre fotografiche di Cineteca70 previste nel corso del 2017, dedicata alle foto dal set del film “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti del 1960. Per la seconda delle sette mostre fotografiche previste nel corso del 2017, anno del suo 70° compleanno, la Cineteca ha chiesto a Giovanna Calvenzi di selezionare una quarantina di scatti del capolavoro di Visconti tra i circa duecento conservati in archivio. Gli autori (in prevalenza grandi professionisti come Paul Roland e Giovan Battista Poletto), adeguandosi alle scelte formali del direttore della fotografia, imprigionano gli istanti in cui si condensa il significato di un’intera scena, magari non presente poi nel montaggio finale; il loro lavoro tuttavia è prezioso perché documenta il ‘farsi’ del film, in una galleria di volti, sguardi, posture, ambienti, che possono essere riproduzioni fedeli delle scene o istantanee del backstage, dove sempre entra in gioco la loro personale sensibilità. Chi le guarda ritroverà negli sguardi tra Rocco e Nadia, nella violenza di Simone su Nadia alcuni dei momenti più emozionanti del film, dramma dei sentimenti prima che sociale, e l’anonimo grigiore delle case popolari, la povertà dignitosa dei vestiti e degli ambienti domestici; mentre sembra di sentire l’odore dei treni alla stazione di Milano, o l’afrore del ring e della disadorna palestra dove i fratelli Parondi cercano facili guadagni, o occasione di riscatto ed espiazione. Il cast poi era davvero importante: Alain Delon, Annie Girardot, Renato Salvatori (che bello rivederli giovanissimi!), Katina Paxinou, Alessandra Panaro, Claudia Cardinale, Corrado Pani, Adriana Asti, Nino Castelnuovo.

****Il film fu ispirato al romanzo “Il ponte della Ghisolfa” di Giovanni Testori, mentre il titolo è una combinazione tra l’opera “Giuseppe e i suoi fratelli” di Thomas Mann e il nome, suggerito da quello di Rocco Scotellaro, il poeta lucano che descriveva le condizioni dei contadini meridionali e di cui Visconti era un grande estimatore. I cinque fratelli vengono presentati, durante la narrazione, in abbinamento alle cinque dita della mano, di cui Rocco rappresenta il dito medio. Le riprese si svolsero perlopiù a Milano. In particolare nella Palestra di via Bellezza 16/a, aperta fino alla fine degli anni '70 e oggi sede dell’Arci Bellezza, che ancora ospita la Palestra Visconti con alcuni arredi originali. Alcune scene vennero girate sul Lago di Como tra Lierna e Bellagio, altre ancora a Roma, Civitavecchia e sul Lago di Fogliano. “Tutto il film – ha scritto  Luciano De Giusti, nel suo libro “I film di Luchino Visconti”, (Gremese Editore 1985) si muove sull’argine che separa e congiunge il fiume della storia e la terra del mito, la realtà e il simbolo. Lo stesso mondo della boxe, marginale tematicamente, serve a tale duplice intenzionalità. Da un lato è una endogena guerra di poveri, lotta tra diseredati (il primo combattimento di Simone è contro un altro lucano), dall’altro vale come simbolico universo di violenza fisica che fa da sfondo al dramma”. Alla Mostra d’Arte Internazionale di Venezia del 1960, ebbe solo il Leone d’Argento; la giuria preferì assegnare quello d’Oro a “Il passaggio del Reno” di André Cayatte.

****Il 13 aprile 1960 la lavorazione venne fatta sospendere dal presidente della provincia di Milano, il democristiano Adrio Casati, che non permise le riprese all’Idroscalo in quanto ritenne il film un’opera “non molto morale e denigratoria”. Il 27 ottobre il produttore Goffredo Lombardo, dopo una lunga diatriba con la magistratura milanese, accettò loscuramento di quindici minuti della pellicola ad insaputa di Luchino Visconti. Questultimo ricorse anch'egli alla magistratura, facendo richiesta di sequestro delle copie oscurate.Il 17 maggio 2015 al Festival di Cannes è stata proiettata in anteprima mondiale la versione restaurata in HD dalla Cineteca di Bologna e reintegrata dei tagli di censura, per poi essere proiettata per la prima volta in Italia Il 3 luglio 2015 a Bologna, durante la Rassegna Il Cinema Ritrovato che si tiene in Piazza Maggiore.

Michele De Luca