Una mostra alla Galleria Arianna Sartori – Arte & Object Design di Mantova

****Giorgio Somensari nasce a Mantova il 24 gennaio 1936, inizia a dipingere all’età di 16 anni, mostrando fin da subito una spiccata sensibilità e un precoce talento. Artisticamente è un autodidatta. Nipote di Luigi Somensari, artista degli anni Venti, dipinge paesaggi lacustri e scorci cittadini di Mantova, dapprima seguendo le orme dello zio paterno.

Diplomatosi geometra, lavora come dirigente per un’azienda di laterizi che lo porta a trascorrere molto tempo lontano dalla sua città e di conseguenza a trascurare anche la pittura. Dal 1996, cessati gli impegni lavorativi, si dedica interamente all’attività artistica. Numerose sono le mostre personali e le rassegne collettive a cui partecipa. Da segnalare è, inoltre, la frequentazione del Laboratorio di Anna Moccia con il Gruppo “I pittori di Via Mazzini”, oltre ad un riscontro critico di tutto rispetto. 

****Di lui ha scritto Gilberto Cavicchioli in occasione della mostra “Il Mincio come metafora di vita dal Benaco al Po” allestita alla galleria Arianna Sartori – Arte & Object Design di Mantova (Via Ippolito Nievo, 10): “Se volete trovare il Somensari pittore non andatelo a cercare nei pur gradevoli scorci di città o nei bei palazzi che sa rendere con professionale abilità. Lì troverete, di certo, un buon pennello ma difetterà quello che fa di una tavola, pur apprezzabile sotto l’aspetto tecnico, un quadro.

Mancherà quel sottile e misterioso legame che tiene avvinto il fruitore all’opera: mancherà l’anima. Sì perché l’anima di Somensari è spersa in mezzo alla Natura che lui sa raffigurare con tale maestria da far sembrare facile ciò che al contrario, per altri, è così difficile da rendere”.

****Somensari artista – aggiunge Cavicchioli – “è nei suoi verdi dalle mille tonalità, nelle trasparenze delle sue acque mai ribollenti o impetuose ma calme, tranquille, rasserenanti; nei cieli che chiudono con un trionfo di azzurre stesure le sue composizioni. È raro trovare una così profonda compenetrazione tra dipinto e dipintore. Si ha a volte la sensazione che Somensari, albero esso stesso tra gli alberi, sveli i suoi simili solo a chi sappia coglierli. Sì, perché come si dice valore di un pittore da come sa trattare le mani nelle proprie composizioni figurative, così si rileva il valore da come si sa rendere la vegetazione e soprattutto gli alberi nelle opere naturalistiche. Una Natura che Somensari non blocca nell’algido realismo di un acuto osservatore ma che ammorbidisce e interpreta come sa fare solo chi ama profondamente ciò che tratta”.

****Ma è soprattutto nel rapporto con l’acqua che Somensari rivela la sua più alta sensibilità, diffondendola poi sulla tela con le sue pennellate calde e trasparenti, che trasmettono un ricongiungimento con la vita e con l’ambiente che ispirano pace, armonia e bellezza; spesso con il risultato di un magico effetto. Il paesaggio, quindi, come specchio dell’anima, come riflesso di intimi sentimenti: “E’ naturale quindi – ci dice ancora l’illustre scrittore mantovano - che Somensari si identifichi, novella pagana divinità, con quel corso d’acqua che finisce per personificare il suo paesaggio: quel fiume che scende vivace e giovinetto dal gran lago, che si ammorbidisce nella sua maturità attorno alle antiche mura di Manto, per finire la sua esistenza nei torbidi flutti del gran padre Padus. Somensari scorre la vita del suo fiume come proprio percorso terreno ed è per questo che nei suoi quadri si vive quella misteriosa e catturante sensazione di serenità cullata dai molteplici verdi di fondo rotti, qua e là, da quei rossi aranciati che, a volte, compaiono a punteggiare il suo paesaggio.

Rari in questa sommessa atmosfera quei colori violenti e trasecolanti che denunciano la presenza di una esistenza altra: la capanna di pescatori, la vela di un agile scafo, la pietra di una appena accennata costruzione. La perfetta armonia della Natura non può certo essere rotta da presenze urticanti: una presenza animale può violare la magia e, di conseguenza, mai nelle opere di Somensari compare l’uomo. Quell’essere che è sempre e comunque violatore della Natura e pertanto da ignorare, da cancellare, da non mettere in scena”. Come per ogni bravo e sensibile pittore di paesaggi, piace riportare per Somensari un passo del libro “Il paesaggio nell’arte” (Garzanti, 1985), di cui è autore il famoso storico dell’arte britannici Kenneth Klark: “Noi siamo circondati da cose che non abbiamo fatto e che hanno una vita e una struttura diversa dalla nostra: alberi, fiori, erbe, fiumi, colline, nubi. Per secoli esse ci hanno ispirato curiosità e timore e sono state fonte di piacere. Le abbiamo ricreate nella nostra immaginazione per riflettervi i nostri sentimenti. Siamo giunti a considerarle come elementi costitutivi di una idea che abbiamo chiamato ‘natura’. La pittura di paesaggio segna le tappe della nostra concezione della natura”. Quella di Somensari si aggiunge, con dignità, passione e sensibilità cromatica, alla lunga storia di questo genere divenuto ormai “classico” della bella pittura.   

MICHELE DE LUCA