Storia della comunicazione moderna dal 1890-1957.
Splendido catalogo Silvana 
In mostra alla Fondazione Magnani-Rocca
di Mamiano di Traversetolo (Pr)

****A partire dai manifesti liberty ai nuovi linguaggi del dopoguerra (alle soglie dell’Italia del boom), l’avventura della pubblicità in Italia, da messaggio merceologico pudicamente celato, alla pretesa di essere l’arte sacra del nostro tempo. 

Da un lato l’evolversi dei mass media, dall’altro il mutare dei bisogno, dei costumi, dei gusti e dello stile di vita dell’italiano qualunque.

Tra la fine dell’Ottocento, per le strade delle città italiane, in un Paese che si stava aprendo alla modernità, eccezionali strumenti di promozione di nuovo e sempre più dinamici stili di vita; da allora, quei grandi “lenzuoli” colorati, dal fortissimo impatto visivo, avrebbero caratterizzato gli spazi urbani, da noi come in Europa, divenendo veicolo di creatività e nuova forma di espressione artistica per grandi illustratori come Leonetto Cappiello, Achille Luciano Mauzan, Marcello Dudovich, Plinio Codognato, Sepo (Severino Pozzati), Erberto Carboni, Marcello Nizzoli, Armando Testa e tanti altri. Come è stata definita, sia pure enfaticamente, la pubblicità diventa così “l’arte sacra dei nostri tempi”.

****Da questi primi passi della storia della pubblicità prende avvio la mostra “Pubblicità! La nascita della comunicazione moderna 1890 – 1957), curata da Dario Cimorelli e Stefano Roffi e allestita alla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo in provincia di Parma, che, attraverso duecento opere dalla fine dell’Ottocento all’era di Carosello, ci racconta la nascita in Italia della pubblicità dalle sue prime forme di comunicazione semplici e dirette, all’introduzione dell’illustrazione come strumento persuasivo e spiazzante per novità e per fantasia, al rapporto tra illustrazione e messaggio pubblicitario attraverso i diversi media, dal più conosciuto manifesto, alla locandina, alla targa di latta e poi al packaging della confezione, fino all’arrivo della radio come strumento di comunicazione di massa.

****La sezione iniziale racconta come i primi illustratori furono principalmente artisti e i loro bozzetti e manifesti venissero realizzati seguendo l’idea dell’illustrazione come elemento di comunicazione, intrinsecamente bella e quindi indipendente dal contenuto promosso, dove la rappresentazione spesso stupisce, altre volte cattura l’attenzione per la sua costruzione e composizione cromatica, altre volte impaurisce, altre ancora attrae con ironia. La seconda sezione è dedicata al rapporto tra illustrazione e messaggio pubblicitario, dove uno rafforza l’altro, dove il prodotto è rappresentato, o comunque evocato nella rappresentazione, e quindi descritto con il suo nome e la sua marca alcune volte associato a uno slogan che ne rafforza le caratteristiche e la sua distintività. In questa sezione divisa in capitoli, attraverso marchi celeberrimi quali Barilla, Campari, Cinzano, Motta, Pirelli e molti altri, si indaga il mondo del manifesto in un incrocio virtuoso tra temi (la donna, gli animali, l’uomo etc.) i settori merceologici (bevande, moda, trasporti, turismo etc..) le scuole (le grafiche Ricordi, Richter, Chappuis etc..) le prime agenzie pubblicitarie (Maga, Acme Dalmonte etc..) e i grandi “maestri” della pubblicità. La terza sezione riguarda tutti gli strumenti di promozione pubblicitaria che si sono sviluppati accanto al più conosciuto manifesto, come locandine, depliant, targhe in latta fino all’illustrazione della confezione. La quarta e ultima sezione è dedicata ai nuovi strumenti di comunicazione che si affacciano dal 1920 in poi, la radio prima e poi la televisione fino al giorno in cui nacque Carosello, il primo passo verso un’altra storia.

****Come ci dice Giancarlo Forestieri, presidente della Fondazione, “il periodo indagato in questa mostra è quello tra la fine dell’Ottocento e il rivoluzionario avvento di Carosello nel 1957. Prima che la televisione si imponesse come medium principale, la maggiore visibilità della pubblicitaria, o propaganda, come spesso veniva chiamata,  era rappresentata dai manifesti affissi in apppositi spazi lungo le strade, ripresi poi sulle pagine di quotidiani e periodici. Cuore di questa comunicazione era l’immagine: una scena attraente, un personaggio o un prodotto che avrebbero dovuto provocare il passante lettore e stimolarne l’interesse. Il gioco, l’allusione, l’ironia, la sperimentazione – in una parola la fantasia – diventano così caratteristica principale della comunicazione pubblicitaria italiana, che non ha confronti con quanto si va facendo negli stessi anni nella cartellonistica europea e statunitense, confermando la vitalità e la portata innovativa della creatività italiana, attraverso l’affermarsi nel nostro Paese di consolidate strutture comunicative”.

****Ciò vuol dire che, riproponendone la “storia”, quello che viene ad essere il suo formidabile punto di interesse, non risiede soltanto nel meccanismo persuasivo, o nella funzione di motore della società dei consumi; ma nel linguaggio, nei suoi modi espressivi, nelle stesse tecniche con cui viene porto il messaggio; e ancora, nella capacità di interessare la gente, di “divertirla”, e nell’indubitabile bravura del pubblicitario nel far memorizzare il suo lavoro. In un importante libro di quasi trent’anni fa’(Storia della pubblicità, Laterza 1988) , Gian Paolo Cesarani scriveva: “La pubblicità è stata, del grande movimento consumistico, proprio la lingua simbolica, la voce artistica. Il movimento sociale aveva necessità di un livello espressivo, che le varie élite non hanno saputo fornire concretamente. E per questo, per aver trovato davanti a sé uno spazio vuoto, che la pubblicità ha invaso la società; non per la quantità dei messaggi, ma per la qualità dei messaggi, dove la qualità non vuol dire, evidentemente, un alto livello espressivo”.    

****L’apparizione del “marketing” e delle tecniche “americane” alla fine degli anni ’50 ha segnato una svolta nella pubblicità; ciò – continua Cesarani, “lo dobbiamo intendere come un reale progresso. Definendo un target, definendo una strategia, commerciale e creativa, dandosi mezzi adeguati di indagine e di verifica, la pubblicità è passata, da gli anni ’60 in poi, alla fase della maturità. Ma questa è un’altra storia, che comincia da dove finisce quella della Fondazione Magnani-Rocca.

MICHELE DE LUCA