CASTRONUOVO DI SANT'ANDREA E LA TRADIZIONE:
“O' CARCIOFUL'” (IL MAIS DA PADELLA)
“Sacc' na cos' cusell', tanta fin' e tanta bell': scuoppul' o' cauz' e iess' u' battaglion', che sup' u fuoch' cang' facc' e chilor', s' ngross' e sper' colp' di cannon'. Chi gghiè?”. Si tratta di un antico indovinello contadino in dialetto castronovese,
che tradotto in italiano recita: “So una cosa cosella, tanto fine e tanto bella: abbassa i pantaloni e viene fuori il battaglione, che sopra il fuoco cambia aspetto e colore, s'ingrossa e spara colpi di cannone. Che cos'è?”. È appunto la pannocchia del mais da padella, meglio conosciuta come “mais da pop corn”, e quando viene spogliata delle foglie che lo avvolgono, vengono fuori i chicchi, che a contatto con il fuoco esplodono, cambiando colore e dimensioni, trasformandosi nei così detti “poc corn”.
I chicchi di mais da padella, conosciuti in dialetto come “carcioful'”, in tempi non molto lontani, quando la televisione ancora non esisteva, e quando ci si riuniva ancora numerosi intorno al fuoco, allietavano le serate, insieme a canti, balli, e al racconto delle “cose cuselle” (gli indovinelli). Erano tempi difficili, ma bastava veramente poco per rendere felice e memorabile una serata. Con una manciata di “pop corn”, qualche bicchiere di vino e una buona compagnia, il successo della serata era più che sicuro.
I “pop corn” nella dispensa non potevano assolutamente mancare. Venivano piantati a maggio, insieme agli ortaggi. Facevano da capo testa ai filari di pomodoro e di pomodorini, e per certe colture, come quelle dei cetrioli e di alcune varietà di meloni, facevano anche da ombra, e a volte da sostegno. La raccolta avveniva a settembre, quando le foglie della pianta erano completamente secche. Le pannocchie più grosse e più sane venivano conservate per il seme. A differenza di quelle destinate al consumo alimentare, non venivano scartocciate. Le foglie (le brattee) venivano tirate su, e poi utilizzate per appendere le pannocchie alle travi. Quelle destinate al consumo invece, una volta asciutte per bene al sole, venivano sgranate e poi liberate dai chicchi non sani. La sgranatura avveniva a mano, sfregando sulla pannocchia intera un tutolo (torsolo) privo di chicchi. I tutoli non si buttavano, e servivano per accendere il fuoco o il forno. Era importante che i chicchi fossero conservati bene asciutti, altrimenti c'era il rischio che non scoppiettassero e si aprissero. Si facevano esplodere sul fuoco, in grosse padelle con il coperchio, unte semplicemente con un filo d'olio. Una volta terminato lo scoppiettio era una bella sorpresa e una vera gioia vedere la padella colma. Bastava aggiungere un pizzico di sale ed erano pronti per essere mangiati. Rappresentavano una delizia sia per grandi che per i piccini. Ricordo che la sorella di nonna Maria, zia Carmela Cascino, vissuta quasi cento anni, ogni mattina, quando andavo a scuola e passavo da casa sua per salutarla, mi faceva trovare una busta di pasta di bottega piena di pop corn, che al momento della ricreazione condividevo con molta felicità con tutti i compagni di scuola. Era anche un modo, un po' da “furbetto goloso”, per godere di un assaggio dello spuntino che ciascuno di loro avevano portato, rappresentando, per così dire, un oggetto di scambio: “io ti do i pop corn e tu mi dai un po' di pane burro e marmellata”. Oggi a scuola, purtroppo, ai bambini si fa portare merendine di vario genere, piene di grassi, e bevande molto zuccherate, entrambe provenienti da mercati globalizzati. Molto spesso, infatti, la coltivazione dei loro ingredienti ha degli impatti fortemente negativi su aria, suolo e biodiversità. Certo si è che un ritorno al passato, reinterpretandone storia, tradizioni, usi e costumi, insieme a un'agricoltura sostenibile, potrebbe senz'altro condurre ad un progresso sano e, dal punto di vista della salute, scevro da ogni rischio per i consumatori!
Testo e foto Silvano Di Leo
“Abbiamo bisogno di contadini,
di poeti, gente che sa fare il pane,
che ama gli alberi e riconosce il vento.
Più che l'anno della crescita,
ci vorrebbe l'anno dell'attenzione.
Attenzione a chi cade,
al sole che nasce e che muore,
ai ragazzi che crescono,
attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato.
Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere,
rallentare più che accelerare,
significa dare valore al silenzio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza.”
(Franco Arminio)
Versi di immenso fascino, dai quali sprizzano fuori bagliori di luce splendida e un afflato cosmico di ispirazione francescana, coinvolgendo l'uomo nei suoi tratti più dolenti e proiettandolo in un'atmosfera che nella sua umiltà trascende la durezza dell'ineluttabile realtà.
(Francesco Bulfaro)
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