L’artista marchigiano in mostra alla Galleria Arianna Sartori di Mantova
František Kupka (Opočno, 23 settembre 1871 – Puteaux, 24 giugno 1957) è stato un pittore ceco, fra i maggiori esponenti della pittura astratta e dell'orfismo. Le opere astratte di Kupka nascono dal realismo, poi evoluto in pura arte astratta. Come si ricorderà. Kupka arriva all’astrazione dopo un lungo lavoro di ricerca. Dal 1908, le sue illustrazioni nella sua rivista “Prometheus” riflettono una grande ricerca artistica: l'autore si interroga a
lungo sulla prospettiva, facendo molti studi sia nelle sue illustrazioni che anche nei suoi dipinti. Con il suo dipinto "I tasti del pianoforte" del 1909 ha segnato una rottura nel suo stile rappresentativo. Il suo lavoro divenne sempre più astratto intorno al 1910-11, riflettendo le sue teorie sul movimento, il colore e il rapporto tra musica e pittura (l'orfismo). Le sue prime opere astratte, di impressionante esuberanza cromatica, da lui definite “art inobjectiv”, arte inoggettiva, con le quali cercava di raggiungere al di là delle apparenze, una realtà di carattere filosofico o addirittura spiritualista.
E’ al percorso astratto del grande artista ceco, oltre, ovviamente, che di Kandinskij, come da sua “autentica” autopresentazione che si ispira, ad iniziare dal suo lavoro “Doppi poemi astratti, che si ispira la ricerca e l’opera dell’artista marchigiano Marcello Diotallevi: “I miei “Doppi poemi astratti” sono un ciclo involontariamente ambizioso ma non presuntuoso, absit iniuria verbo, senza offesa a Vasilij Kandinskij (ritenuto impropriamente caposcuola dell’Astrattismo, tendenza artistica il cui iniziatore fu in realtà František Kupka). Essendo io un suo naturale epigono, nato dopo, dovevo andare oltre. Così, nella mia ricerca artistica che conduco da più di quarant’anni, mischiando la pittura e la scrittura sono giunto attraverso il loro connubio a questo evoluto e ironico risultato: un’opera in cui la valenza astratta riguarda sia l’immagine sia il testo. Nascono in questo modo, quasi per partenogenesi, i miei Doppi poemi astratti”.
La Galleria Arianna Sartori di Mantova, nella sala di via Cappello 17, presenterà la mostra personale dell’artista Marcello Diotallevi “Doppi poemi astratti”, fino al 22 dicembre 2020. Marcello Diotallevi, artista di fama internazionale, è già stato ospite della Galleria Arianna Sartori nel 2008 con la personale “Lettera di Citera”, nel 2010 con la personale “Arabe Fenici e Fiabe al Vento”, e nel 2016 con la personale “Autoritratti formato tessera”, artista che è sempre riuscito a suscitare stupore e meraviglia nel pubblico e nella critica.
Marcello Diotallevi è nato il 24 aprile del 1942 a Fano. Ha vissuto a Roma dal 1946 al 1974 dove, per un decennio, ha esercitato l’attività di restauratore presso il Laboratorio di restauro in Vaticano. Ha inizio in quegli anni anche la sua attività artistica all’insegna dell’irrequietezza. Come pittore prima, poi come scultore - nei primi anni Settanta -, quindi per un po’ si occupa di grafica e infine inizia a scrivere.
Sul finire degli anni Settanta hanno inizio le sue incursioni nell’area della Mail Art e della Poesia Visiva. In oltre quarant’anni di costante attività ha collaborato con suoi interventi a libri e riviste nazionali e internazionali. Ha allestito mostre personali nelle maggiori città italiane e all’estero, partecipando nel contempo a esposizioni collettive in tutto il mondo. Fa parte del gruppo di intervento artistico “I metanetworker in spirit”. Si occupa in prevalenza di Poesia Visiva, Mail Art, installazioni e libri d’artista. È l’autore della copertina della Guida al Musée National d’Art Moderne-Centre Georges Pompidou di Parigi (Hazan Editeur, 1983). Nel 2007 è invitato al 52° Biennale di Venezia, Eventi Collaterali, “Camera 312 - promemoria per Pierre”. Figura nella Storia dell’arte italiana del ‘900, Generazione anni Quaranta di Giorgio Di Genova, edizioni Bora del compianto Edoardo Brandani, Bologna 2007. Dal 1974 abita a Fano.
Di lui scriveva, nel 1996, Ivan Simonini in occasione di una sua storica mostra:
“Diotallevi realizza una singolare coincidenza degli opposti allestendo la mostra “Lettere da Citera” nella metropoli californiana alla Stamp Art Gallery e la mostra Fiabe al vento nella città bizantina all’Artestudio Sumithra. Qui esplodono tutti i colori dell'iride tranne il bianco e il nero. Là, soltanto il bianco e il nero producono il rapporto pittorico. Unico apparente punto di congiunzione le lettere dell'alfabeto, disseminate qui su caleidoscopici aquiloni (che sono cuciti nel tessuto usato per le vele ma che volano solo nel vento della congettura giacché condannati a stare appesi a inesorabili pareti a guisa di insetti sottospillo) e disseminate là su frammenti di nudi corpi femminili quasi che le veneri del nostro tempo non potessero più essere fruite intere”. E aggiungeva: “Diotallevi dimostra con cinico disincanto (non avendo bisogno di sostenerlo esplicitamente) che l’arte è in realtà possibilissima, grazie anche alla sorniona inattendibilità dell'artista, il quale, sia quando trascrive, sezionandolo, il mito divino di Afrodite come nei ‘corpi dattiloscritti’ della Stamp Art Gallery, sia quando sogna di dipingere l'aria trascrivendo il mito umano di Icaro come negli aquiloni di Artestudio Sumithra, si libra nel viaggio ideale che continua la sfida conoscitiva di Ulisse. Che il tipo odisseico sia forse più l’Ulisse di Joyce che l’Ulisse di Omero, non muta l'intenzione prospettica che obbliga a tenere a debita distanza le sirene danzanti (da Duchamp a Rauschenberg a Guitry) onde oltrepassarne indenni il canto.
L’astratto di Diotallevi è segno, colore, magia, rincorsa di una vita artistica all’inseguimento della suggestione e della poesia.
Michele De Luca
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