In mostra alla Galleria Sartori di Mantova le opere dell’artista monzese
La pittura di paesaggio è contemplazione della natura. E dunque osservazione, ammirazione, raccoglimento. Nella natura c’è un mistero, destinato a restare segreto, che è lo stesso dell’esistenza dell’uomo. È piuttosto un percepire, un “com-prendere” qualcosa di nostro: il “numinoso” della natura somiglia alla scintilla del divino che è nell’uomo. Non è misticismo né sentimentalismo, ma lo stato d'animo genuino e profondo del senso e dei
perché della vita; è lo sgomento e il fascino che suscita la bellezza nella solitudine. La contemplazione della natura nell’arte, come nella vita, è una purificazione e un superamento, è un momento catartico, per una comprensione del mondo e un miglioramento di sé.
Com’è noto, la purezza dell’assoluta priorità dell’idea della natura si ha col Romanticismo, annunciato dal Sublime e dal pittoresco; con esso s’impongono principi come la Natura come tempio, la malinconia, la sensazione di una mancanza, i trasalimenti della bellezza, il vago presagio della fine, l’anelito all'infinito. Il fenomeno esplode per quantità e qualità, per purezza di scelte, per proseguire nei vari realismi e con modi particolari nell'impressionismo e tutte le successive correnti e movimenti. Va detto poi che la poesia e la pittura hanno esaltato la natura ma è nella pittura che la descrizione del dato naturale è più netta, prolungata, dettagliata, come ha scritto G Luckàcs nella sua Estetica.
E’ in questo ambito espressivo che va ricondotta la vicenda pittorica del maestro Cesare Paolantonio (Monza 1937 – Piario, Bergamo, 2015), grande interprete di questo cenere “classico” dell’arte pittorica, da lui rivissuta intimamente e in cui ha proiettato la visione e la fantasia del suo mondo interiore; un guardare fuori, che era in definitiva un guardarsi “dentro”. Una pittura, la sua, i suoi delicati acquerelli (oltre ai lavori grafici) in cui la tenuità cromatica manifesta una gentilezza di cuore e la struggente malinconia che la pervade.
Una bella mostra alla Galleria Sartori, intitolata “Paesaggio e altro”, curata da Arianna Sartori – che fa seguito all’antologica che al maestro venne dedicata, sempre a Mantova nel Palazzo Bonoris – rende ora un affettuoso e doveroso omaggio, che eievoca la sua lunga e intensa carriera. Conseguito il diploma al Liceo Artistico di Milano, ha frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Brera sotto la guida del Prof. Aldo Carpi. A Venezia un corso di specializzazione di incisione all’acquaforte “Tono Zancanaro”. Ha per qualche tempo frequentato lo studio di Bruno Mantovani e quello del pittore d’arte sacra Luigi Filocamo. Dal 1955 ha iniziato a dipingere per conto proprio, prima nello studio di Sesto San Giovanni e poi a Milano dove prosegue la sua intensa attività di artista. Dal 1981 al 1999 è stato collaboratore artistico al quotidiano “Il Sole 24 Ore” - inserto domenicale; negli ultimi anni è vissuto a Gromo (BG) in alta Val Seriana.
Di lui, a riguardo della sua raffinatezza grafica, ebbe a scrivere il compianto Alberico Sala: “Nella grafica di questo autore meditativo, si combinano alto magistero tecnico, apprensione morale e richiami poetici. La sconnessione, la disarticolazione delle immagini , e degli istituti, avvertono che nulla sta più insieme, nonostante le ironiche graffe e i punti di sutura. In modo surreale, Paolantonio interviene sulla realtà, lucidamente, con particolari resi con precisione e nettezza . al decoro oppone la degradazione; dai frammenti esce un annuncio di una foglia”. E, nel 1981, Roberto Sanesi, storico dell’arte e poeta: “Che è un modo per fissare la metafora. Fra il presunto reale e la sua immagine si instaura una sorta di dialettica che abolisce il corpo e lascia emergere come primaria all’azione4 del rappresentare ((on più per imitazione del soggetto) la percezione di un malessere diffuso tanto più efficace quanto più è dato con distacco, con qualche freddezza dello sguardo: un aspetto che la tecnica stessa dell’incisione non fa che accentuare. Non escludendo che sia dovuto proprio anche a questa sottigliezza di tratti, a questa perizia tecnica, a questa esattezza di contorni, a questo equilibrio compositivo per il quale ogni immagine finisce col sembrare quasi una tavola dimostrativa, da prontuario, il tono fra didattico e giocoso di tanti di questi "ritratti" dove è una specie di riconoscimento rimandato a prevalere sulla stessa disgregazione, che non a caso è di tipo geometrico, lucidissima”.
Nel presentare la sua monografia in occasione della mostra sempre a lui dedicata alla Galleria Sartori, Maria Gabriella Savoia, ne scriveva un saggio particolarmente approfondito, delineando la sua variegata produzione, tutta all’insegna di una ricerca meticolosa dell’immagine, specie per quanto riguardava il paesaggio; di cui è stato veramente interprete sensibile e poeticamente ispirato, con la sicura e chiara competenza di serio professionista dallo spessore artistico che lo ha fatto parlare di sé solo attraverso il proprio lavoro; un lavoro svolto con ordine, misura, equilibrio e chiarezza, con cura meticolosa, con una grande profondità di pensiero e con una competenza tecnica che può indurre l’osservatore alla sorpresa ed anche allo sbalordimento. Scrive la Savoia: “L’immaginario di Paolantonio, caratterizzato di un’innata capacità di comunicare attraverso opere eseguite in base ad un rigore, concettuale e metodologico, veramente inappuntabile, la vede operare negli anni ottanta, in un mondo articolato dove la realtà supera i confini della visione, l’intuito nel pensiero raziocinante; sono di questo periodo: Ingresso in parete e scala, Anonimo e paesaggio a scale, Osservatorio del vuoto, Il doppio nel paesaggio che, su carte prevalentemente trattate e con valori monocromi, si avvalgono anche della tecnica dello strappo e del collage. Il suo mondo onirico lo vuole inserito nel mondo del sovra-reale, nel senso che i suoi soggetti si muovono in originali architetture e in straordinari percorsi labirintici dai quali è complicatissimo sfuggire: metafore del nostro vivere quotidiano. Fantascientifici e apocalittici scenari, spazi nei quali vivono personaggi condannati ad una immaterialità, ad una diafana trasparenza, che trovano la loro fisicità e la corporeità della materia solo nella delimitazione delle linee di margine”. Un contributo critico molto interessante per entrare nel mondo artistico e umano di Cesare Paolantonio.
Michele De Luca
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