GUIDO STRAZZA all’inaugurazione della sua Mostra

Dico alcune parole per invitarvi a leggere le opere che avete davanti agli occhi, di Bonnard e me. Immediatamente, sarà logico dire che le opere di Bonnard rappresentano qualcosa, un paesaggio, un cane, un albero.

Nella sala accanto, invece, vedete dei segni che non rappresentano nulla. Ecco, questa affermazione “non rappresentano nulla”, pone dei problemi molto facili da svelare, perché tutta la nostra vita è fatta di segni. Io sono qui davanti a voi e vi parlo con un certo accento, con una certa lingua, con certi gesti, con certi sguardi. Sono tutti segni. Questa signora davanti a me indossa un golf rosa, l’altra ha un golf nero e il signore ne ha uno arancio. Insomma, ognuno governa la propria vita facendo dei segni. Tutta la vita è fatta di segni. Qual è la differenza tra i segni che fa l’artista e quelli che facciamo tutti noi? I segni che noi facciamo servono a sopravvivere, a farci identificare, a farci riconoscere, a dichiararci, servono per comunicare qualcosa all’altro. Uno sguardo o un semplice sospiro, possono significare amicizia, antipatia, odio, attrazione, repulsione, insomma, le infinite cose che noi proviamo nella vita, continuamente e universalmente. L’artista queste cose le conosce benissimo, ma si pone, prima di tutto, un significato primo. Cosa vuol dire un significato primo? Se io scrivo una “A”, per tutti vuole significare una “A”, cioè la prima lettera dell’alfabeto, una semplice lettera. Se scrivo “AMORE”, per tutti scrivo “AMORE”. Ma questi segni che simboleggiano la parola amore, sono fatti in un certo modo: posso scrivere una “A” elegante, in stile latino, in stile corsivo, insomma, dare a questo segno un sé intrinseco nella forma- segno, dare dei significati che non hanno nomi, perché mi può apparire subito disordinata, elegante, che mi da l’idea di velocità o di precisione, insomma, tantissime cose che sono di qualunque segno che noi facciamo. Ogni segno, della nostra vita, del nostro agire, del nostro far segni tracciando, ha in sé un primo significato e un secondo significato. Il primo significato è quello che tutti capiscono: se vedo un uomo di un’altra lingua, di un’altra cultura che mi fa uno sguardo cattivo, lo capisco. Se mi fa un gesto violento, lo capisco anche senza conoscere la sua lingua. Questo è il significato primo dei segni. Il significato secondo è quello della nostra cultura, della storia. Io capisco i segni che voi mi fate nell’ottica della nostra cultura. Se un lappone mi fa un segno che per lui ha un significato, per me non ne ha o ne ha uno distorto. Così, in tutto quello che facciamo, e nei segni dell’arte, c’è questo incrociarsi del significato primo e secondo, che fa si che quando uno guarda “questi fogli” e dice “guarda che bell’albero!”, legge i segni di Bonnard prendendo il significato secondo. Poi naturalmente quell’albero è fatto in un certo modo, allora il significato primo, la qualità di quel segno, mi induce a leggere quel segno in un certo modo: secco, bello, cattivo, accogliente, ombroso, insomma, tutte le cose che si possono dire di un albero. Nelle opere di Strazza che sono di là, che non vogliono rappresentare niente di preciso, questo non voler rappresentare niente di preciso è vero e non vero, perché non vogliono rappresentare un albero, non vogliono rappresentare una colonna, anche se forse vi possono alludere, in qualche modo, ma vogliono mettere l’accento sul farsi stesso di quel segno. Vogliono, cioè, mettere l’accento su quel primo significare che è il significato universale, da intuire e che … Cosicché, passando da un artista all’altro, ci troveremo di fronte a due atteggiamenti diversi: uno tiene più conto del significato secondo, l’altro tiene più conto del significato primo, ma tutti e due hanno i due significati. Mi spiego meglio. Se lei, Signora, ha messo questo maglioncino nero, per lei ha certamente un significato che accondiscende ad un suo gusto, ad un suo modo di pensare l’eleganza e a tante altre cose della vita sociale. Per me lei è una composizione in bianco, nero e biondo dei capelli che non significano nulla, ma significano esattamente un tipo di armonia, un tipo di organizzazione che sono, appunto, il fondamento di quello che invece significa poi come eleganza, come significato storico e culturale. Questo, per dire, in poche parole, che tutto il mondo che vediamo, le minime cose, le macchiette, cose che noi pensiamo siamo secondarie, sono invece fondamentali. L’artista non fa altro che vedere queste minime cose nel mondo, che organizzano sistemi più grandi, e mi sembra, questo modo di vedere le cose, che non è una mia invenzione ma la realtà dei fatti, così confortante, perché non c’è niente di brutto e niente di bello di per sé . Tutto è meravigliosamente misterioso, provocatorio, ci apre delle porte o ce le chiude se noi siamo scemi, pigri, non vogliamo vedere, siamo chiusi o incastrati in preconcetti. Per questo occorre un minimo di libertà. Cosa vuol dire libertà? Liberarsi per un istante dai propri usi e costumi consueti. Vi auguro una bella lettura... godetevi la mostra.

GUIDO STRAZZA