Le sale espositive della settecentesca Scola dei Battioro e Tiraoro in Campo San Stae ospitano dal 27 agosto 2010 la personale di Stefano Curto, giovane artista di Valdobbiadene...

IL CALEIDOSCOPIO DEL SOGNO. Le sale espositive della settecentesca Scola dei Battioro e Tiraoro in Campo San Stae ospitano dal 27 agosto 2010 la personale di Stefano Curto, giovane artista di Valdobbiadene, per la prima volta a Venezia. La mostra, intitolata Trama Lucente, allinea nove opere di grandi dimensioni, il riassunto di cinque anni di lavoro intenso, interamente dedicato alla realizzazione di un progetto mirato a concentrare la luce sopra ai grandi pannelli di plexiglass, per poi espanderla attraverso migliaia di gemme e minerali iridescenti in una sorta di caleidoscopio dell’anima. Recentemente una delle sue opere esposta in quest’occasione (Il nero infinito, 2009) è stata acquisita dal Museum of Old and New Art, Australia.
I lavori di Stefano Curto sono un riflesso della sua continua ricerca artistica e spirituale:
Il raggiungimento di una conoscenza esoterica, scrive Stefano Cecchetto nella presentazione in catalogo, filtrata attraverso l’estetica dell’opera, è l’obiettivo principale di questa ricerca; il lavoro manuale dell’artista, meticoloso e puntuale è realizzato con la consapevolezza di ritrovare una condizione di libertà, e attraverso questa libertà, persiste il desiderio recondito di anelare alla verità. Il percorso artistico di Stefano Curto riconduce l’opera a una dimensione drammatica che riporta l’umanità alla deriva, e spera nel riscatto di una resurrezione. Stefano Curto lavora alle sue opere come se celebrasse una continua rinascita. La morte simbolica che si perpetua ogni giorno dentro di noi, nel lavoro dell’artista prende la forma di un ritorno alle origini non soltanto a livello biologico, ma soprattutto a livello cosmico.
E’interessante osservare che la realizzazione di una singola opera richiede il lavoro di quasi un anno: tre mesi per la progettazione e disegno e altri sei per l’incastonamento delle gemme e degli altri materiali.
La mostra, patrocinata dall’Assessorato alla Produzione Culturale del Comune di Venezia, resterà aperta fino al 27 settembre 2010, orario 11.00 – 19.00, giorno di chiusura lunedì. L’inaugurazione ufficiale è prevista per venerdì 3 settembre 2010 alle ore 19.00.  Catalogo in mostra con presentazione di Stefano Cecchetto.


Stefano Curto, artista poliedrico musicista e viaggiatore, nasce a Segusino in provincia di Treviso il 4 febbraio del 1966. Dopo gli studi, assieme alla passione per la musica, che inizia a comporre fin dall’età di quindici anni, e ai lunghi viaggi intorno al mondo, sviluppa la passione per le gemme. Apre giovanissimo un laboratorio in cui svolge con successo il lavoro di incastonatore di cristalli su diversi materiali disegnando ed eseguendo complessi disegni per le più importanti griffe della moda. Intraprende numerosi viaggi soprattutto nei Paesi asiatici per la scoperta di nuovi linguaggi e differenti culture, che aprono i suoi orizzonti e lo mettono in relazione con l’universo infinito e misterioso delle filosofie orientali. Stefano Curto vive e lavora nella sua casa studio di Valdobbiadene.

“Se il nero e l’oro sono i colori primari del processo alchemico, è proprio dentro a questi due elementi cromatici che si rinnova la desinenza principale dell’opera di Stefano Curto: il flusso costante del suo lavoro si accosta alla circolarità dell’esperienza alchemica e ritrova nella continuità di una forma a spirale, la rappresentazione dell’ouroburos (il serpente che si mangia la coda) uno dei simboli più accreditati e più ambigui di questa particolare disciplina”. Così ci ntroduce, suggestivamente, Stefano Cecchetto, con il suo denso critico che appare in catalogo, alla mostra personale di Stefano Curto, patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune ed allestita nelle sale espositive della settecentesca Scola dei Battioro e Tiraoro in Campo San Stae a Venezia, che fiancheggia Ca’ Pesaro sul Canal Grande a due passi da Rialto. Non solo, ma ci immette nel mondo immaginativo, inconsueto ed originale di un giovane (anagraficamente) quanto maturo e “consapevole” artista di Valdobbiadene, che per la prima volta espone (e si “espone”) all’attenzione del pubblico locale e “foresto” che si snoda per campi, calli e fondamente della città lagunare. La mostra, intitolata “Trama Lucente”, allinea otto opere di grandi dimensioni, il riassunto di cinque anni di lavoro intenso, interamente dedicato alla realizzazione di un progetto mirato a concentrare la luce sopra ai grandi pannelli di plexiglass, per poi espanderla attraverso migliaia di gemme e minerali iridescenti in una sorta di caleidoscopio dell’anima.
Guardando questi lavori, dai nomi particolarmente evocativi (“Il nero infinito”, “L’oro malato”, “Sindone nera”, “Il custode dei desideri”, “Il distruttore del falso”) viene in mente una frase, ardita e “provocaroria”, dello scrittore e filosofo francese Jean-Cristophe Bailly: “L’istante è l’unica superficie in cui si manifesta l’eternità”; perché in esse si consuma una perenne metamorfosi, il passaggio infinitesimale tra la vita e la morte, il senso dell’effimero, in cui si rispecchia il grande mistero dell’esistere, dell’apparire e dello scomparire, dell’esserci e del non esserci. Giustamente sottolinea Cecchetto come l’artista, con strumenti creativi del tutto originali, da lui pensati ed utilizzati (che sono i suoi cristalli impenetrabili, abitati soltanto dall’impossibile ed inafferrabile “spazio dei riflessi”), crei dei “vuoti” pronti ad essere riempiti da infiniti pensieri, inimmaginabili approcci dell’anima e dell’emotività: “quelle pietre che rivelano i bagliori dell’infinito, quelle gemme che l’artista utilizza per raccontare le mille storie del proprio vissuto, altro non sono che il caleidoscopio del sogno”. In cui specchiarsi, per ritrovare in una fantasmagoria di colori, luci, rifrazioni, frammenti del “proprio” sentire, che viene continuamante stimolato, disarticolato e “disorientato”.
C’è insomma il riflesso dell’imprendibilità delle conoscenze, della precarietà delle “certezze”, che inducono a considerare il limite degli approcci e dei “giudizi, sul quale però si stacca imperiosa l’esigenza del sogno, del volo pindarico, delle “ragioni” irrazionali che l’anima dell’uomo e dell’artista, tramite la finestra del suo sguardo, reclama ed esige. Tutto ciò in una ricerca che da diversi anni l’artista porta avanti con passione e puntiglioso processo estetico. Nato a Segusino in Provincia di Treviso il 4 febbraio del 1966, dopo gli studi Curto entra a lavorare nell’azienda di famiglia e lì scopre la passione per le pietre, i minerali e le gemme. La parte alchemica del suo lavoro, quel mettere insieme gli elementi materici nella composizione di un’opera singolare e irripetibile, lo spinge a consolidare nuove esperienze visive che poi utilizza per la realizzazione dei suoi manufatti. Intraprende numerosi viaggi soprattutto nei Paesi asiatici per la scoperta di nuovi linguaggi e differenti culture, che aprono i suoi orizzonti e lo mettono in relazione con l’universo infinito e misterioso delle filosofie orientali.Vive e svolge la sua attività artistica nella sua casa studio di Valdobbiadene; qui, nella celebrata terra del prosecco, in un’atmosfera di sereno raccoglimento, lavora alle sue opere come se celebrasse una continua rinascita; come ci dice ancora Cecchetto, la morte simbolica che si perpetua ogni giorno dentro di noi, nella sua indagine culturale ed estetica “prende la forma di un ritorno alle origini non soltanto a livello biologico, ma soprattutto a livello cosmico”. In cui la sedimentazione luminosa e cromatica è il riflesso di una dimensione interiore, volta a superare il dato fenomenico per attingere alla fonte dei valori più profondi ed assoluti dell’esistenza.

MICHELE DE LUCA