Il periodo del Brigantaggio

Tu hai putere penne e calamaro 
pi ruvinà sti poveri pizzient
I teng u core e u chiumm quann sparo
pe fa giustizia tra tutt sti fitient.
(Tratto da un canto popolare)

Sulle cause e lo sviluppo del brigantaggio nel secolo scorso sono fiorite varie tesi, non tutte univoche; pertanto noi non tenteremo alcuna elaborazione generale ma neanche possiamo esimerci dal fare qualche considerazione legata alla realtà locale.

E’ infatti molto difficile comprendere come un popolo laborioso, tranquillo, fiero ma mite, diventasse brigante in massa, nemico dello Stato. Sui libri ufficiali, purtroppo, si trovano poche righe per racchiudere, con un termine spregiativo, la tragedia del popolo meridionale:brigantaggio. Tragedia di ragazzi, i quali, a volte, avevano meno di vent’anni e che all’improvviso si trovarono travolti in una Storia più grande di loro che, per mano di Generali stranieri (tali erano allora i Savoia) e di Leggi speciali (Pica) spense loro la vita e la dignità. Molto spesso diventare briganti non fu una scelta ma una necessità:l’unica possibilità che questi uomini avevano di rinviare di qualche tempo una condanna a morte già scritta. Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie contava circa 9 milioni di persone;nel 1890 contava meno di 6 milioni. Pochi numeri bastano ad evidenziare la portata di questo fenomeno sociale:

  • caduti in combattimento: n.155.620;
  • fucilati o morti in carcere: n.120.327;
  • condannati alla detenzione: n.325.283;
  • condannati all’ergastolo: n.12.431;

Migliaia e centinaia di migliaia di persone morte di stenti, di sofferenze,nei boschi, nei fiumi, o sparite nel nulla, hanno contribuito a rendere tale massacro un vero olocausto meridionale. Nel periodo postunitario subirono le conseguenze negative del cambiamento principalmente i soldati sbandati del disciolto esercito borbonico che a Castronuovo erano numerosi, senza prospettive e spesso manifestavano il loro malcontento per le vie del paese o nelle cantine. A questi bisogna aggiungere i giovani chiamati per la prima volta alle armi, con la leva obbligatoria(decreto del 17.02.1861) i quali, costretti a lasciare il lavoro dei campi per adempiere ad un dovere che non capivano, si rifiutarono di combattere per un Governo usurpatore che li affogava nella miseria e nella mancanza assoluta di diritti e libertà.

Fu così che molti giovani, per sfuggire alla sicura fucilazione, abbandonarono gli affetti e quel pochissimo che avevano per rifugiarsi nei boschi, dove vi erano già altri compagni e altri sbandati di ogni specie, che conducevano una vita al di fuori o addirittura contro la Legge.

A Castronuovo, uno dei primi a sfidare la nuova classe politica, manifestando la propria insofferenza verso l’autorità fu, nell’aprile del 1861, Alessandro Marino il quale venne arrestato e tradotto nel carcere di Chiaromonte.

La notte tra il 31 luglio e il 1° agosto, insieme a Salvatore D’Arino, Raffaele Appella, Giuseppe Andrea D’Arino, Francesco Ciancia ed altri di S. Severino, riuscirono ad evadere e dopo aver trascorso la notte sulle rive del Sinni, cominciarono a compiere scorribande per le campagne. Alessandro Marino organizzò una propria banda composta da più di venti uomini ed iniziò la sua attività utilizzando come base i boschi di “Pellegrina, Montagna, Battifarano e Magnano”. Nel tentativo di raggiungere il comandante Crocco, si unì alla banda di “Mannino” di Castelsaraceno e a quella di Antonio Franco da Francavilla, ma dopo varie scorrerie, sequestri e aggressioni, fu ammazzato nel tenimento di Chiaromonte la sera del 28 giugno 1862. La sua banda fu guidata dal parente Giovanni Marino,a sua volta ucciso e decapitato nel territorio di San Martino d’Agri. 

Gli altri componenti furono tutti arrestati e condannati ai lavori forzati. Altri briganti furono uccisi da privati cittadini, "galantuomini", per incassare taglie o per non essere considerati manutengoli-collaboratori. 

Il 20 agosto 1872, “il generale dei briganti”, come veniva definito Carmine Donatelli da Rionero, detto Crocco, venne condannato ai lavori forzati a vita e morì nel carcere dell’isola d’Elba il 18 giugno 1905. Intorno al 1880, dopo aver utilizzato migliaia di soldati, il fenomeno del brigantaggio era stato completamente debellato.

Enzo Appella