L’ inutilità del telecomando nei programmi reality e giustizialisti! In un contesto televisivo dove all’utente è concessa la facoltà di cambiare canale, di poter scegliere, stona tanto vedere programmi che riempiono una giornata che volge alla monotonia del giorno seguente.

Il telecomando, simbolo del pluralismo informativo e metafora della libertà, può comodamente essere posato tanta è la sua inservibilità. E’ passata, per fortuna, l’epoca dei reality e con essa il gusto perverso della gente di osservare cosa fanno gli altri! Uno valeva l’altro ed agli utenti la possibilità di poter scegliere tra due mali di pari entità: di sicuro penso non sia il massimo della libertà d’azione. Se si fa mente locale negli ultimi dieci anni di televisione, si sono susseguiti, sovrapposti tanti reality che nemmeno gli autori, i produttori, gli “attori” riescono a ricordarsene.
Passata questa moda, rimane la più ripugnante: fare giustizia lontano dalle aule giudiziarie, ovvero in televisione. Ricordo un programma “Un giorno in Pretura” nel quale si dibatteva su una causa giudiziaria, ma con un piccolo particolare: la presenza di entrambe le parti.
La televisione, oramai da diversi anni, emette sentenze, fornisce prove, porta a conoscenza dei telespettatori particolari che sfuggono agli inquirenti, altera, inquina, assolve, accusa. Mi chiedo e vi chiedo se la televisione, con cattivi programmi di informazione, non sia un ostacolo al naturale corso della giustizia. E poi ci si lamenta che i processi durano e quanto durano! È evidente che in una era di globalizzazione culturale la televisione fornisce prova di standardizzazione di informazione: programmi, format televisivi, telegiornali uguali. La differenza tra i telegiornali, se si pone attenzione, sta soltanto nelle sezioni lontane dalla politica e dalla cronaca nera, ovvero nelle rubriche di gossip, di eventi eno-gastronomici, di fatti mirabolanti, etc. Se vi è libertà di azione, certamente questa non si esplica nel telecomando. 

MARIO DI SARIO