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Raccolto quindi per pochi istanti in se stesso, qual chi medita un secondo lancio più prodigioso del primo, giura nuovamente al suo Dio di annichilare nel suo cuore la volontà dominante, di contrastarne ogni appetito, di farle in ogni azione un dispetto: giura, ed impugna arditamente la spada. Voi stupite di voti cotanto animosi, e forse vi figurate impossibile che l’opere dell’Avellino andassero mai di piena intelligenza con le parole: vi applaudiron peraltro i Santi Angeli Testimonj, ne esultarono le Sacre ossa dei Campione più celebri della Chiesa, ne tremò spaventato l’abisso; e se il novello soldato immaginò degli arditi progetti, seppe anche con eguale audacia eseguirla. La gran pugna ricomincia. Oh! Come incatena Egli le sue potenze, come calpesta, come rende schiavi i suoi sensi! Vuole? Tanto basta perché non voglia: brama? Già sa che non dee mai conseguire. Non si ferma l’occhio in un amabile prospettiva, che non sia ben tosto forzato a chiudersi o a fissarsi immobilmente nel suolo;

non si compiace l’orecchio di un innocente armonia, che una fuga istantanea non lo involi con precipizio al diletto; non chiede il palato un cibo geniale, che non sia straziato senza pietà con amaro assenzio e con fiele.Sì, veglia importuno (gridava sdegnosamente al suo corpo) veglia e fatica or che pretendi il riposo; ardi sotto questo Sole infuocato or che ti alletterebbero il fresco e l’ombra; gela a questo crudo aquilone or che vorresti un clima più temperato.

Oh! Dio! Non accusò forse di proprietari i desiderj più santi, qualor traevano origine dal suo volere? Non travide perfino un segreto spergiuro nel far violenza a se stesso, quando alla giurata violenza mancasse il beneplacito d’un Superiore? In tal guisa lungi dal trattenersi a disciogliere i nodi che non di rado permeano, o se ne sbrigò l’Avellino urtandoli in certo modo col duro usbergo, o gli troncò sdegnoso a colpi iterati della fulminante sua spada. Con qual coraggio attaccasse quindi il pertinace fantasma del secolo che or da destra or da sinistra in variato aspetto lo raggiungea, voi lo dedurrete, o Signori, dal suo rinomato commercio con Carlo il Borromeo, l’indefesso persecutore dei profani abusi e della licenza audace non men del Popolo che del Clero.

Con Lui lo assalì nella sfortunata Milano ove un doppio contagio avvelenava le membra e lo spirito de miseri cittadini; per Lui lo batté nella deliziosa Piacenza; frenando con fermo braccio il mostro ricalcitrante dell’effeminatezza e del lusso. E se vi piace di contemplarlo in singolari combattimenti, itene al suo ritiro, seguitelo nei penetrali della sua cella, e vedrete com’Ei si scaglio incontro al Mondo, talor nei Baccanali pagani, che impedì sovente o pose almeno in uno strano scompiglio; talor nei Banditori medesimi del Vangelo cui rimproverò l’esecrabil costume di annunziar coi fiori di Gomorra e con l’immodestie di Babilonia l’auguste massime di un Dio Crocifisso; talor nei Libri di scellerata morale, che disperse qual nebbia con le celesti sue Lettere e con cento produzioni mirabili, espressamente dirette al agguerrir gl’inesperti; quasi volesse accrescer lustro alle spirituali intraprese con la nobiltà degli scritti, ed emulare il Romano Conquistator delle Gallie nel combinato merito della spada e della penna.

Ma come dipingervi, come compendiarvi almeno in pochi tratti l’orrendo azzuffamento tra l’Avellino e l’Inferno? Troppo è volgare il dirvi, che gl’infami carnefici dell’eterna prigione gli strinsero mille volte con mano inimica la gola per soffocarlo, e che Andrea con mano ancor più terribile gli ributtò mille volte costernati e tremanti: né giova il rammentarvi le crudeli percosse che gli scaricarono sul dorso, gli spettri orribili onde gli turbarono il sonno, le beffe e le minaccie con cui si sforzarono di sbigottirlo, mentre Egli rovesciava da lungi le loro macchine, indovinava i loro aguati, e al sol risuonar del suo nome, ne vedea disordinate e rotte le intere legioni. Spiate piuttosto i traditori che disperando di vincerlo in aperta campagna, ricorrono al maneggio e alla frode per ruinarlo. Sempre eguali a se stessi, si intrudono sfacciatamente nelle consulte di Dio, e lo impegnano contro Andrea come un dì contro Giobbe: ed eccolo oppresso bentosto di scrupoli e di spaventi, desolato lo spirito, agghiacciato il cuore, tra l’ombre e tra l’angustie del tedio, inorridire al pensiero dell’allontanato fervore, rammentar con affanno le perdute dolcezze, implorar consiglio dai confusi discepoli, scongiurar di soccorso gli attoniti amici; e frattanto baciato in silenzio il pesante flagello e ripetuto con dolenti lacrime il giuramento di fedeltà, forzar la ripugnanza e la nausea, ringiovanire alle penitenze e alle fatiche, spingersi entro ai nemici accampamenti alla testa di due guardie animose, l’orazione e la fede, e qual nuovo Gionata empir di strage e di terrore i neri padiglioni d’un avversario già persuaso di averlo prigioniero in sua mano.

Egli all’incontro è ormai per sempre tra le mani del suo Signore: non vi sovvengono le parole onde incominciò per due volte l’augusta Liturgia, quell’ultimo sacrificio, che colpito da repentino malore misteriosamente ristrinse a vaticinarsi la sua corona? Entri pur dunque il trionfante Avellino entri all’Altar della Gloria, e si discreda una volta il burlato inimico. Ohimè! Quale inganno! L’Inferno orgoglioso non si discrede sì presto; ed or che il vede gemer sotto il peso dell’irrimediabil percossa, lo sfida alla tentazione estrema, e si lusinga di risarcir con un solo vantaggio l’ignominia di tante perdite.

Spettacolo, non saprei ben dirvi, se più compassionevole o più tremendo. Inturgidisce al moribondo, si offusca, si annera improvvisamente la faccia; il gelo e il sudor che a vicenda l’ingombrano, la smania inquieta che succede al mortale abbandono, il rapido movimento or della mano or del ciglio, il suono disarticolato e lugubre delle fauci impotenti … io ben l’intendo: Egli è quel ricco Viaggiatore, che bruscamente investito nell’angustie d’un’erto sentiero, fa fronte agli spietati Assassini, e si dibatte e si contorce in difesa del celato tesoro: lo premono gli scellerati, l’oltraggiano, lo violentano … ma con l’armi alla mano dee morire un Guerriero , l’Agonia deve essere per lui quel final combattimento che colmi la già piena misura delle passate conquiste. Raddoppia dunque i suoi sforzi l’anelante Avellino, e poiché si vede al fianco l’immortal milizia del Paradiso, urta con furor sì cruccioso la congiurata Masnada infernale …

Eh! Dileguatevi, furie imperversate d’Abisso; scegliete meglio in avvenire i bersagli infelici dell’ira vostra: è delirio, è stoltezza imperdonabile il figurarsi che il Giusto, sì diviso da voi finché visse, debba esservi poi lasciato in preda se muore. Ecco tornata a quel volto la smarrita serenità: quel placido sorriso, quel soave sospiro, quegli occhi che dolcemente si chiusero scintillando di gioja, ci dicono che l’Avellino è vittorioso, che il suo corso è compito, che son finite le sue battaglie, e che il gran Dio della consolazione e della pace, lo ha già chiamato a trionfar nell’Empireo. Vola al caro invito l’anima avventurosa, si schiudono per introdurla le porte eterne, e la corona della giustizia è la sua ricompensa immutabile.

Questo, o Signori, è l’Evangelico atleta che io presi a delinearvi; e per quanto possa esserne infelice l’abbozzo, io son sicuro che esposto al pubblico nei bei giorni di Paolo avrebbe meritati all’Avellino gli sguardi e gli applausi dell’Apostolo ammiratore. Così per sua gloria, così per nostra condanna in secoli i più remoti dalle cune del Cristianesimo, suscitò l’onnipotente un primitivo Cristiano in Andrea: è sua gloria se ne celebriam la costanze, ed è nostra condanna se non giungiamo ad eguagliarne il coraggio. 

Si vuole ch’Ei ci protegge dalle crudeli vicende cui soggiacque morendo, e poi non ci preme di imitarlo in una vita che potrebbe renderci indifferente qualunque specie di morte. Deh! Per quanto ci è caro il suo patrocinio e il nostro bene, corriamo al Cielo com’Ei vi corse, vinciamo in piena battaglia in nemici ch’Ei vinse, e tranquilli nelle ambascie dell’ultim’ora, non potrem dubitare del nostro eterno trionfo.