Undici scrittori scrivono di fotografia
Una densa e avvincente antologia in cui sono raccolte undici storie di diversi autori, nate da immagini che, come suggestione o pretesto, hanno ispirato chi le ha scritte. La particolarità di questi testi, e di queste immagini, è, appunto, che si tratta di fotografie. La casa editrice Contrastobooks - Roberto Koch Editore di Roma ha pubblicato un bel libro (Un tempo, un luogo, a cura di Alessandra Mauro, pp. 192, €. 22), l’ultimo titolo della collana “In Parole”.
La fotografia, fin dal suo apparire, ha influito sulla letteratura sia a livello tematico sia sulla stessa scrittura, stimolando la riflessione su teorie e pratiche del fotografare e facendone crescere – se possiamo dire – la sua “autocoscienza”: come ha scritto il grande fotografo giapponese Hiroshi Sugimoto, “da 180 anni è la fotografia a determinare il modo in cui l’uomo guarda la propria storia e percepisce il mondo”, ed è quindi del tutto naturale che la letteratura fin dalle origini si sia interessata alla fotografia e ai suoi esiti, ora osservandoli con diffidenza e disprezzo, ora con curiosità e interesse, rinvenendovi persino possibili metafore o simboli del processo artistico. A partire dalla fotografia, non pochi scrittori arrivano così a riflettere sulla stessa scrittura, sulle sue finalità, sulla sua “autonomia” e originalità creativa e espressiva, sulla possibilità di frantumare anche in letteratura, come avviene in fotografia, la visione del mondo, di fare, in altre parole, anche della rappresentazione narrativa una storia che concerne o implica lo “sguardo”. Fa piacere di ricordare, in proposito, un interessante libro di Silvia Albertazzi, Letteratura e fotografia, (Carocci, Roma 2017). Tra questi scrittori, per citarne solo alcuni, che nella fotografia hanno trovato la loro “musa, per dirla con Evtušenko, compaiono nomi come Baudelaire, Benedetto Croce, Jack London, Giovanni Verga, Émile Zola, Allen Ginsberg, August Strindberg, Alberto Moravia, Erica Jong. E poi, Apollinaire, Steimbeck, Barthes, G.B. Shaw, Kundera, Bufalino, Sartre, Flaiano, Vittorini, Majakowskij.
In questo libro incontriamo Italo Calvino, Luigi Capuana, Lewis Carroll, Raymond Carver Arthur Conan Doyle, Julio Cortázar, Daphne Du Maurier, Antonio Tabucchi, Michel Tournier, Eudora Welty e Virginia Woolf: i loro testi sono presentati in ordine cronologico, cominciando con un fulminante “esercizio di stile” di Lewis Carroll del 1855, fino a un altrettanto straordinario esercizio di Antonio Tabucchi del 2011, in cui una delle immagini più celebri della storia della fotografia, l’autoritratto da annegato di Hippolyte Bayard del 1840, gli ispira una lettera che lo stesso fotografo avrebbe potuto scrivere in quel turbolento anno in cui intorno alla nascita della fotografia e al suo brevetto si decidono le sorti di celebri personaggi e la diffusione del nuovo linguaggio. In questo modo, dal primo all’ultimo testo dell’antologia, si compie una sorta di circolo, cronologico e tematico. Ogni racconto affronta infatti una delle possibili suggestioni che la fotografia può proporre.
Fin dalla sua nascita, la “scrittura con la luce” ha affascinato molti scrittori. Ma, come si pone in rilievo questo volume (ed in ciò è la sua originalità), mentre alcuni si sono cimentati direttamente con la macchina fotografica, la maggior parte ha assorbito il fascino misterioso e ambiguo dell’immagine fotografica inserendola nella scrittura. In questa raccolta di racconti la fotografia assume di volta in volta sfumature e ruoli diversi. Compare nel testo di Luigi Capuana come il simulacro di un amore passato che sfugge al controllo suscitando gelosia; è l’indizio del colpevole nel racconto di Arthur Conan Doyle della prima indagine di Sherlock Holmes. Si fa gioco di parole in una divertente e arguta riflessione di Lewis Carroll; è il ritratto dettagliato di Virginia Woolf della celebre prozia fotografa Julia Margaret Cameron, una delle ritrattiste più famose di tutti i tempi. Diventa protagonista della storia nella figura del piccolo fotografo di paese nel racconto di Daphne Du Maurier e nel fotografo, più celebre, del testo di Julio Cortázar che ha ispirato Blow Up.
E ancora, è protagonista di un breve e fulminante apologo, dall’inconfondibile scrittura secca e asciutta, di Raymond Carver. Mentre in Italo Calvino la riflessione è sul senso stesso della fotografia nelle idee del protagonista. Infine, la fotografia è strumento di indagine e di racconto, insieme alla scrittura, per Eudora Welty e soggetto di un gioco letterario: una lettera che Antonio Tabucchi immagina venga scritta da uno degli inventori, Hyppolite Bayard. Come dice la Mauro, “pretesto per una trama narrativa, spunto di riflessione sull’identità, metafora del progresso e del futuro che ci attende, la fotografia è ispirazione e tema per la nostra vita”.
Michele De Luca
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